11 Ottobre 1978
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Il nemico numero uno
[1] Oggi il mondo è immerso nel dolore, afflitto da paura, ansia e da
ogni tipo di fobia. Ma c’è un rimedio per curarlo e per renderlo
nuovamente stabile e sano. Qual è la terapia che può rimettere in
sesto il mondo? L’uomo deve realizzare il suo nobile destino, la sua
preziosa eredità, la forza innata e le sue virtù. Tutto ciò eliminerà
l’odio, l’avidità e la diffidenza che hanno causato questa situazione
patologica.
Sviluppare il legame di fratellanza è il rimedio suggerito da alcuni
esperti, ma ciò non è sufficiente perché non si può ottenere pace e
armonia solo dicendo di essere fratelli. Infatti, ci sono fratelli e sorelle,
nati dalla stessa madre, che hanno contrasti e raramente hanno
fiducia reciproca, anzi, contaminano la mente con l’ira, l’invidia
e rendono la loro vita misera e infelice.
Oggi la riverenza filiale e la collaborazione fraterna sono per lo più
assenti. Gli uomini lottano per ottenere delle quote di proprietà e
passano il loro tempo nei tribunali spendendo denaro e cercando di
vendicarsi gli uni degli altri.
Un uomo può fare del male a migliaia di persone a causa dell’orgoglio
derivato dalla sua forza e dal suo potere; essendo però un demone
difficile da esorcizzare, l’orgoglio danneggerà ancor di più lui
stesso. L’individuo non può affermare di essere uomo finché il suo
ego, che lo spinge a danneggiare gli altri e a dominarli, non viene
annientato dalla disciplina spirituale. La Bhagavad Gītā lo esorta ad
abbandonare ogni senso di ‘io e mio’. Il Divino in lui potrà manifestarsi
solo quando le forze oscure di ‘mio e io’ saranno estinte e rese
innocue.
Sbaragliare o annientare l’ego è un compito pressoché impossibile.
Voi avrete sentito parlare dei sei nemici interiori che perseguitano
l’uomo in ogni momento della sua vita, ma il senso di ‘io e mio’ è
molto più radicato. Molti hanno conquistato i sei nemici: concupiscenza,
ira, avidità, attaccamento, orgoglio e odio. Davvero numerosi
sono quelli che hanno conseguito questa vittoria, ma veramente
raro è l’eroe che ha stroncato il suo ego ed è riuscito a sfuggire ai
suoi turpi e scellerati impulsi.
[2] L’egocentrismo è un arbusto spinoso che, quando si pianta nel
cuore e viene alimentato, costringe a pagarne le penali; rende nemici
gli amici più cari, rovina molte buone cause e innumerevoli progetti,
poiché non permette a due uomini buoni di lavorare insieme.
Il dolore segue l’egocentrismo come un’ombra. Invece, dove non c’è
ego, la gioia, la pace, il coraggio, la collaborazione e l’amore fioriscono.
Quando l’uomo prenderà coscienza che la stessa Consapevolezza
divina che lo motiva sta ugualmente motivando anche gli altri, allora
l’amore caccerà l’ego nel fondo e assumerà il controllo delle sue
azioni, delle sue parole e pensieri.
Ora considerate quanto segue: un uomo perde improvvisamente il
figlio ed è molto addolorato. Un suo vicino va a fargli visita e cerca
di consolarlo ripetendogli alcuni precetti. “Mio caro amico! Perché
l’uomo nasce? Perché muore? Il motivo per cui nasce spiega anche
perché muore. La nascita implica la morte, e il fato tira dei colpi
mancini; nella grande commedia della vita non siamo altro che burattini!
A cosa serve addolorarsi per il decesso?” Così riversa nelle
orecchie del poveruomo tutta la filosofia vedantica sul distacco, a lui
nota. Ma finché quell’uomo non prenderà coscienza della verità, il
dolore continuerà ad angosciarlo come prima.
Alcuni mesi dopo, anche il vicino perde suo figlio. Allora l’uomo
che aveva ascoltato tutte le massime vedantiche va a fargli visita e gli
ripete le stesse cose, punto per punto, e dice che si vive finché dura
il karma, che la vita termina quando non c’è più karma da espiare, e
che la cosa importante è pagare i vecchi debiti. Tuttavia, simili affermazioni
non consolano affatto il vicino afflitto, perciò il grande
dolore per la morte del figlio è solo suo.
Quando l’ego è attivo, la saggezza non attrae e tanto meno interessa.
Il senso di ‘mio figlio’ è la causa prima del dolore per uno o della
gioia per un altro.
[3] Ad esempio, voi costruite una casa e siete molto felici che sia
‘vostra’. Se qualcuno attacca sul muro un cartellone pubblicitario,
pensate che la vostra casa sia stata rovinata e fate causa al colpevole
per punirlo. Durante il periodo elettorale i muri della vostra casa
vengono ‘sfigurati’ da slogan disgustosi, e voi litigate con tutti perché
hanno imbrattato i ‘vostri’ muri. Alcuni mesi dopo vendete
quella casa e vi trasferite in un’altra zona. Dopo la vendita, anche se
quella casa venisse bombardata, voi non sareste minimamente
preoccupati. Era il vostro ego che vi causava tutte quelle preoccupazioni!
Come fa il senso egoistico a introdursi nel nostro sistema? È un’erbaccia
che cresce e viene da noi coltivata finché ci distrugge? Do-
v’era l’ego all’inizio? Dov’eravamo noi prima di nascere? Dove saremo
dopo la morte?
Tutte le vostre idee e deduzioni sono solo pensieri prodotti nel periodo
che sta tra la nascita e la morte. Quando la ragazza che avete
sposato era gravemente malata da bambina, voi non eravate preoccupati
perché non era ‘vostra’. Voi stessi sviluppate tale attaccamento
come elemento di coesione e stabilità, ma poi gli permettete di
crescere a dimensioni gigantesche fino a ostacolare il vostro progresso
spirituale. Coltivate amore, non l’illusione! Amate vostra
moglie e i vostri figli e fate il vostro dovere verso di loro come marito
e come padre, ma restate fedeli ai veri valori, non perdete il senso
delle giuste proporzioni!
[4] Considerate il seguente esempio. Una palma di noce di areca (o
betel) alta e slanciata ondeggia al vento e produce una lunga ombra,
la quale oscilla sul terreno sabbioso. Dio è la Verità e il mondo è la
Sua ombra. Voi desiderate raccogliere alcune noci ma, scambiando
l’ombra per l’albero, percorrete la sottile linea scura [che appare sul
terreno] e afferrate le ‘noci ombra’. Questo gesto rappresenta la vostra
illusione. Invece dovete realmente arrampicarvi sull’albero, che
è la Verità, per prendere i frutti, mentre la vostra ombra sembrerà
avanzare lungo la sottile linea scura nell’atto di raccogliere le noci.
Proseguite quindi lungo la via dell’amore, che è il sentiero di Dio, e
otterrete entrambi i mondi. L’amore vi farà espandere il cuore a tal
punto che non potrete esimervi dallo svolgere i vostri doveri verso i
congiunti. Ricordate sempre che la moglie, il figlio, la madre e l’intera
parentela sono, in realtà, solo relazioni fisiche, legate al corpo e
limitate dal tempo.
[5] L’ego porterà alla vostra attenzione ondate di bisogni e desideri
spingendovi a soddisfarli, perciò è un cerchio senza fine. Cercate
quindi di ridurre i bisogni e di espandere il vostro amore per libe-
rarvi dalle spire dell’ego. Vivere comporta molti confronti, associazioni,
separazioni, conflitti e omissioni. Rinunciate a due tipi di relazione:
viyoga e saṃyoga, la separazione sgradevole e l’unione piacevole.
Attaccatevi a Dio, e l’illusione del mondo cadrà automaticamente.
Considerate il caso di Hiraṇyakaśipu, Hiraṇyākṣa, Rāvaṇa, Kaṁsa e
altri, che possedevano ricchezza e potere per essere felici e vivere in
pace, ma tutti erano governati dal loro ego che alla fine li portò alla
rovina.
L’ego assale il saggio, lo studioso, l’insegnante e l’aspirante spirituale
ancor più che l’uomo comune. L’ego li induce a dichiarare che
sono superiori agli altri nei dibattiti, che sono i più colti e i più vicini
a Dio. Quando l’egocentrismo s’introduce nell’uomo, l’invidia lo
segue rapidamente e occupa il cuore.
[6] Alcuni guru che sono a capo di istituzioni religiose ridono di voi
se dite che vi recherete a Praśānti Nilayam per la festività di Dasara
e vi prendono in giro dicendo: “Così anche voi siete vittime della
follia per questo Sai Baba?” Invece dovrebbero essere contenti e dire:
“Bene! Siate felici di andare in un luogo dove potrete acquisire la
pace della mente, la beatitudine divina e la consapevolezza del Divino.
Sono molto contento che voi andiate in quel luogo. Dio è Uno
ed è onnipresente!” I monaci che indossano la veste color ocra devono
essere privi di orgoglio e invidia.
Vi dico sempre che Dio è presente ovunque e in tutti, che tutti i nomi
e le forme sono Suoi. V’invito quindi a visitare quei luoghi dove
potrete praticare la disciplina spirituale con tranquillità, in cui percepirete
la vibrazione divina, riceverete amore e potrete coltivare
amore attraverso il servizio.
[7] Quando Arjuna ridusse in cenere l’immensa foresta Khāṇḍava1,
il suo ego non sollevò la testa, ma quando si trovò di fronte all’armata
dei Kaurava, l’ego gli disse di darsi alla fuga. Egli aveva fatto
enormi preparativi per la battaglia, aveva raccolto molte armi distruttive
dopo anni di austerità e di imprese eroiche.
Quando Kṛṣṇa si offrì di fare da mediatore con i Kaurava per ricevere
almeno un segno che avrebbero ceduto alle richieste dei
Pāṇḍava2, in modo da evitare la guerra, Arjuna discusse a lungo
con Lui e disse che la Sua missione era destinata a fallire: “Può il
fiore di gelsomino emanare il suo profumo se viene gettato nel fuoco?
Perché vuoi sprecare le Tue dolci parole di persuasione rivolgendole
a orecchie sorde? Si può estrarre il nettare della vita dal veleno
che la uccide? A Te può fare piacere andare in mezzo a loro, ma
per quel che mi riguarda, io sono per la battaglia sin da quest’istante.”
Arjuna, che era così audace e bellicoso, venne improvvisamente assalito
dall’illusione dell’egocentrismo ed esclamò: “Non desidero
regnare su un cimitero, preferirei elemosinare per sbarcare il lunario
piuttosto che uccidere questi miei parenti.”
Allora Kṛṣṇa gli disse nella Gītā: “Chi è privo del senso di ‘io e
mio’, quello soltanto potrà ottenere praśānti, la Pace Suprema.”
Praśānti Nilayam, 11.10.1978