28 Gennaio 1975 – Nārāyaṇa sevā, servizio ai bisognosi

28 Gennaio 1975 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Nārāyaṇa sevā, servizio ai bisognosi

[1] Donare il cibo è il dono più nobile. Oggi avete organizzato la distribuzione
di cibo a un gran numero di persone, e ciò non fa altro
che convalidare il nome del vostro villaggio. Gli anni concessi all’uomo
sono molto pochi, il mondo in cui egli vive è assai vasto e il
tempo si estende molto all’indietro e molto in avanti. Quello che il
piccolo uomo deve fare qui, deve farlo in fretta nel luogo che gli è
stato assegnato, entro il tempo che gli è concesso. L’individuo ha un
compito veramente straordinario e per adempierlo è venuto come
uomo; per ottenere questo habitat umano, ha dato in cambio tutti i
meriti acquisiti durante molte vite passate. Il compito è nientemeno
che manifestare la Divinità latente in lui. Il modo più facile e più
gradevole per attuarlo è il servizio al prossimo, fatto con spirito di
dedizione e devozione.
Nei villaggi come il vostro, il servizio è una disciplina potente e
proficua, e il migliore tipo di sevā è dare da mangiare agli affamati.
Il primo passo è stabilire fra gli abitanti del villaggio l’aiuto recipro-
co e la collaborazione in tutte le attività di servizio, garantendo così
al paese pace, sicurezza e prosperità.
[2] Una sola casa non può costituire un villaggio; infatti, per avere
un paese, bisogna che molti si riuniscano e vivano come una sola
famiglia. Per sostenere il servizio che state svolgendo, ogni famiglia
e ogni suo membro deve dare una mano per raggiungere il successo
in tale iniziativa comune. La forza fisica, le risorse finanziarie, l’intelligenza
di tutti devono congiungersi per fare in modo che il progetto
possa avere un esito positivo.
Questa ghirlanda non è costituita da un solo fiore; molti fiori di differenti
colori e profumi devono essere infilati insieme per raggiungere
lo scopo comune di decorare un’immagine. Nessuno nel villaggio
può tenersi in disparte dicendo: “Questo lavoro non m’interessa,
non è mio, è una responsabilità di quel particolare individuo
o gruppo.”
Oggi nelle città si trovano solo conflitti e confusione; non ci sono
pace, sicurezza né calma; prevalgono solo l’agitazione, l’ansia, la
paura, le fazioni e il sospetto. È solo nei villaggi come il vostro che
si può trovare un po’ di quiete, di solidarietà, tolleranza e verità; ma
la contaminazione del carattere che si è diffusa nelle città sta invadendo
rapidamente anche i villaggi. I paesi non devono cedere alla
tentazione di imitare le città, poiché così facendo rischiano una catastrofe;
devono apprezzare gli antichi ideali dell’India, della semplicità
e sincerità, del servizio e di un modello di vita orientato alla
spiritualità. Dovete tenere a freno l’avidità e l’ira, l’invidia e l’orgoglio
e vivere in amicizia, animati da uno spirito di fratellanza. Allora
l’India sarà felice e prospera. Ognuno di voi deve portare avanti i
doveri inerenti al suo ruolo con un’attitudine di venerazione.
[3] Noto che solo pochi giovani e pochi anziani si impegnano attivamente
per svolgere i vari compiti che questa funzione comporta;
così accade nella maggior parte dei villaggi. Se non partecipano
tutti allo sforzo e alle spese, il paese non potrà trarne beneficio. La
vita vi è stata donata non solo per mangiare, per girovagare e dormire,
ma per uno scopo ben più elevato: realizzare la Divinità in
voi, in tutto quello che esiste attorno a voi e anche in tutto ciò che
trascende i sensi. Sprecare una vita di valore così inestimabile in
propositi vani e nel solo godimento sensoriale non è certo indice
d’intelligenza. Meritatevi la grazia di Dio aiutando chi è debole e
povero, chi è malato e disabile, chi è angosciato ed emarginato. Non
deridete gli altri, non traete piacere dall’insultarli e non fate pettegolezzi
per svilirli. Non esiste peccato più ignobile del ferire i sentimenti
altrui. L’uomo deve sviluppare due qualità: il timore del
peccato e la devozione per Dio.
Per coltivare la devozione a Dio sforzatevi di frequentare sempre
persone buone e d’impegnarvi nella ripetizione del nome Divino.
Specialmente nelle prime ore del mattino, unitevi ai gruppi che cantano
i nomi del Signore e, pieni della gioia che i canti suscitano, seguite
la processione lungo le strade del paese.
Nel vostro villaggio ci sono alcuni templi: rendeteli attivi e vivi.
Radunatevi lì per un’ora ogni giorno e cantate i bhajan. Perché sprecare
o persino inquinare il tempo parlando male degli altri?
Gli occhi, le mani, le orecchie, il naso, la testa, lo stomaco sono organi
differenti, e ognuno di essi ha una funzione diversa e un nome
specifico. Tutti però servono gli interessi del corpo al quale appartengono,
e non lavorano per fini opposti, non è vero? Analogamente,
ognuno di voi è un organo del corpo chiamato villaggio. Fate il
vostro lavoro senza borbottare e protestare, lavorate in piena collaborazione
con tutti. Solo allora il villaggio godrà di salute e felicità.
L’Amore e solo l’Amore può unirvi agli altri e a Dio, che è la vera
Incarnazione dell’Amore.
[4] Donare il cibo viene da voi definito anna-dāna: distribuire il cibo
come carità. Ma nessuno ha l’autorità di dare in carità quello che è
stato dato da Dio, o di esserne orgoglioso o persino di pensare che
ha fatto la carità. Dio ha dato le piogge, Dio ha fatto crescere le
piantine, Dio ha raccolto le messi. Che diritto avete di definire ‘vostro’
quel cibo con cui fate la carità?
Quello che fate non è carità, state solo mostrando gratitudine a Dio
e santificate i cereali raccolti offrendo a questi Nārāyaṇa [ovvero i
poveri che rappresentano Dio in forma umana] il cibo che avete preparato
utilizzando i cereali stessi. Chiamatelo dunque Nārāyaṇa sevā,
servizio al Signore Nārāyaṇa1. Così è più corretto!
Poiché lo fate con amore e umiltà e con spirito di adorazione, sono
venuto nel vostro villaggio per benedirvi. Ma non addossate tutta la
responsabilità del lavoro a un comitato o a un gruppo di volontari
entusiasti; partecipate anche voi e rendetevi disponibili a condividere
l’onere e la fatica. Voglio che tutti prendano parte a questo
Nārāyaṇa sevā e che sia fatto, non una volta al mese come avviene
adesso, ma di frequente e con regolarità.

Sore-Hunise Village, 28.01.1975