4 Gennaio 1974 – In cinque anni nessun progresso

4 Gennaio 1974

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

In cinque anni nessun progresso

[1] La mente umana è un groviglio di desideri, sempre agitata,
sempre in corsa alla ricerca di oggetti e sensazioni. Se l’uomo si
sottomette ai suoi capricci, è destinato a cadere; ma egli può controllarla,
domarla e trasformarla in uno strumento che può raggiungere
la liberazione dalla schiavitù degli oggetti e delle sensazioni.
Infatti, si afferma che la mente è la causa sia della liberazione
sia della schiavitù. Quando vedo una persona irrimediabilmente
schiava della sua mente, ho l’immagine di una marionetta ben
agghindata che parla in modo stridulo come un disco. Essa agisce
meccanicamente poiché le corde sono tirate dal desiderio, parla
secondo gli ordini di quel padrone e pensa in base a ciò che il desiderio
stabilisce; perciò c’è molta artificiosità e insincerità.
Sappiamo che le immagini di un film proiettate sullo schermo,
singolarmente prese, sono statiche, ma proiettate velocemente in
sequenza attraverso una lampada, appaiono come se uomini e
donne siano in movimento. La colonna sonora fornisce le voci e i
rumori adatti al momento giusto, e sembra che uomini e donne
parlino e cantino. Sebbene si sappia che tali immagini vengono
proiettate sullo schermo, quando un individuo vede un film, si
commuove per il dolore o la gioia, l’odio o la solidarietà.
[2] La mente è agitata, così anche voi venite trasportati verso le
passioni e le emozioni. Se la panca su cui siete seduti si muove,
anche voi vi muovete; quando siete seduti nello scompartimento
di un treno che corre veloce, vi sembra che anche gli alberi si
muovano. Per contro, la mente vi fa sentire fermi sulla terra, sebbene
quest’ultima ruoti rapidamente sul suo asse e intorno al sole.
Sono tutti trucchi della mente che nasconde la verità e impone le
sue illusioni alla vostra esperienza. La verità autentica è diversa
dall’immagine della verità che la mente presenta.
Attribuire alla natura dell’anima individuale le gioie e le pene che
s’incontrano nella vita, è un atto d’ignoranza: occorre discernere
una cosa dall’altra. Esaltazione e depressione, piacere e dolore,
gioia e sofferenza sono modificazioni della mente, e non del jīvi, il
Sé individuale. È la mente che reagisce agli oggetti e agli eventi
esterni e li classifica come desiderabili o indesiderabili, buoni o
cattivi. Questo spiega perché sia necessario ottenere il controllo
della sua ostinata capricciosità.
Chi controlla la mente può condurre la propria vita dritta e sicura
sulla via della verità, rettitudine, pace e amore universale, e può
diventare un figlio dell’immortalità. Diventare immortali non implica
che si possa evitare la morte e continuare a vivere per sempre
nel corpo fisico; significa solo che il proprio nome e la fama
ottenuta brilleranno nella memoria della gente, se il carattere e le
opere sono stati nobili e benefici. Se le vostre azioni sono sacre, le
generazioni future le emuleranno e nutriranno gratitudine per
l’esempio ricevuto. Se invece sono dannose, anche i vostri con-
temporanei vi condanneranno e desidereranno che voi non foste
mai nati.
Nell’Organizzazione di servizio Sathya Sai Sevā, avete tutte le occasioni,
le indicazioni e gli incoraggiamenti che desiderate per
rendere i vostri nomi onorati per generazioni, poiché l’Organizzazione
si sforza di portare pace e prosperità nel mondo, promuove
il mutuo servizio nella società e coltiva l’amore altruista nell’individuo.
Dovete solo partecipare alle sue diverse iniziative, con
gioia e perfetta umiltà.
[3] Qual è il più elevato obiettivo dell’uomo? Qual è il suo più
prezioso ideale? I Veda dichiarano:
satyannāsti paro dharma
non c’è dharma più grande del seguire la Verità
Quest’immenso edificio, detto universo, si regge sulle fondamenta
della Verità.
Voi tutti fate parte dell’Organizzazione Sathya Sai Sevā. Ricordate
che Sathya, Verità, è il Mio nome, che è il più importante ideale
che deve dare forma e sostegno a tutte le attività dell’Organizzazione,
come pure ai suoi associati. Date alla Verità il primo posto
nei vostri pensieri, nelle parole e nelle azioni.
C’era una volta un re di nome Satyavrata1; aveva quell’appellativo
perché la verità era il suo modo di vivere, il suo obiettivo e la sua
guida; la stretta adesione alla verità gli dava grande gioia.
Un giorno, durante il brahmamuhūrta2, qualche ora prima dell’alba,
il re uscì dal suo forte attraverso la ‘Porta del leone’ per fare un
bagno rituale nel mare, poiché era un giorno particolarmente santo.
In quello stesso momento vide uscire una bella fanciulla circondata
da un’aura di splendore; curioso di conoscere chi fosse e
come mai uscisse a quell’ora, le si avvicinò. La fanciulla disse di
essere la dea della ricchezza, Dhanalakṣmī. “Sono stata qui per
molto tempo, ora desidero cambiare. Non resto mai a lungo nello
stesso posto.”
Satyavrata le disse: “Vai pure! Non ho nulla in contrario.”
Contemporaneamente, dalla porta del leone vide uscire silenziosamente
un’altra incantevole figura. Il re chiese chi fosse e per
quale motivo stesse uscendo, e quella rispose: “Sono la Carità; se
Dhanalakṣmī se n’è andata, cosa sto qui a fare?”
Il re la lasciò andare e proseguì, ma poi scorse un’altra bella persona
uscire dalla stessa porta e scoprì che si trattava della Morale
sociale. “Come si possono sostenere delle buone relazioni sociali
senza ricchezza e senza carità?” – spiegò – “Me ne vado perché loro
due non ci sono più.” Il re si trovò d’accordo e continuò il suo
cammino.
In seguito anche la Fama lamentò la scomparsa delle altre tre figure,
e lasciò la città dicendo: “Come può sopravvivere la Fama in
assenza di ricchezza, carità e di una serena vita sociale?” – e il re
capì che aveva ragione.
A quel punto, una persona di uno splendore sfolgorante, proveniente
dal forte, si presentò alla porta pronta a lasciare la città. Il re
le chiese chi fosse, e quella rispose: “Sono la Verità.” Udendo queste
parole, il re la supplicò di restare nella città, nel regno, nel palazzo
e nelle case del popolo, e aggiunse che se la Verità fosse andata
via, la perdita sarebbe stata irreparabile e la vita non avrebbe
più avuto alcun valore. Allora la Verità decise di rimanere.
Così, la Fama ritornò subito al forte perché la Verità è la condizione
primaria per far prosperare la Fama; anche la Morale tornò e si
sviluppò. Persino la Carità e la Ricchezza ritornarono e stabilirono
la loro dimora nel regno, così tutti gioirono nel condividere la gloria
di satya, la Verità.
[4] Anche voi dovete rallegrarvi nel condividere la gloria di questo
Sathya, cioè di Me stesso. Siete membri dell’Organizzazione che
porta il Mio Nome, quindi dovete vivere ogni minuto con la consapevolezza
di tale responsabilità. Avendo un Nome di ‘alto rango’,
non potete vivere in una condizione di ‘basso rango’, perciò
elevatevi alla Divinità, non cadete nell’animalità. Tuttavia, molti
s’innalzano solo per avere una vista migliore dell’umile terra, come
fanno gli avvoltoi quando volano alto per avere una visione
più ampia dei luoghi dove trovare le carogne.
Mānava, l’uomo, deve raggiungere lo stato di Mādhava, il Divino;
ma chi è Dio? La Verità è Dio, l’Amore è Dio, la Pace è Dio. Sviluppate
la verità, coltivate l’amore, stabilitevi nella pace, e sarete
sulla strada che porta alla Divinità.
Diventate acqua, così da potervi unire all’acqua; se rimanete olio,
non potrete fondervi! Dunque, sviluppate le caratteristiche divine!
Voi siete ora nelle Sue mani, sotto la Sua cura, ma non lo capite. Io
stringo questo fazzoletto ma, se la Mia mano non lo tenesse, cadrebbe.
Allo stesso modo, se Dio non vi tenesse, voi cadreste.
Qualsiasi cosa facciate, ovunque vi troviate, convincetevi che Dio
vi ha messo lì per quel compito; allora quel lavoro diventerà un
momento di educazione e di sādhāna. Da questa conferenza, imparate
una lezione: accogliete lietamente il lavoro assegnatovi e
svolgetelo al meglio delle vostre capacità per l’infinita gloria di
Dio. Non dedicate la vostra vita ai beni materiali, dedicatela al
Bene e a Dio.
[5] Quando la luce della lampada a petrolio si affievolisce, la pulite
con uno spillo; quando minaccia di spegnersi, pompate vigorosamente
il combustibile, così la luce ritorna brillante e stabile.
Considerate le conferenze tenute in ogni singolo Stato, che avvengono
con maggiore frequenza, come l’operazione dello spillo, e la
Conferenza Nazionale Indiana come l’energico atto di pompare il
combustibile.
Gli scopi di entrambe sono gli stessi: portare la pace e l’armonia
nel mondo attraverso l’Organizzazione. Per la lampada, rappresentata
dall’Organizzazione, il combustibile è l’amore. Voi sapete
però che per accenderla occorre usare un po’ d’alcol. La Suprema
Saggezza (jñāna) è l’alcol: ne occorre una piccola quantità affinché
l’amore sia stabile e universale, ma dev’esserci abbondanza del
combustibile dell’amore. Inoltre, la buona compagnia, le buone
azioni, i buoni pensieri sono di grande aiuto.
Questa è la sesta Conferenza Nazionale Indiana. Cinque conferenze
sono già state convocate e hanno deliberato vari programmi e
regolamenti; quale progresso ne è derivato? Devo dire che siamo
sempre allo stesso punto: non c’è proprio nessun avanzamento. È
giustificabile se un bambino di cinque anni giocherella e viene trascinato
qui e là dai cinque sensi. Il sesto anno, però, vi avverte che
ora dovete trascendere gli intralci dei cinque sensi e liberarvi sia
dell’orgoglio sia della depressione, e svolgere i vostri compiti coraggiosamente
con fede e devozione.
Ogni giorno, con ogni atto, pensiero e parola, dovete avvicinarvi
sempre più a Dio. Quello vi darà la suprema beatitudine, vi conferirà
la vera liberazione.

Rajahmundry, 04.01.1974