[1] Tutte le azioni devono essere offerte e dedicate a Lui, che le promuove, le progetta, le esegue e le benedice. La recitazione del Nome sarà d’aiuto in tale pratica. Il Nome deve essere ripetuto con lo struggimento nel cuore per il Nominato. Non deve essere come un grammofono, che srotola le parole di un disco fermo sulla stessa nota. Sappiate che la vita serve per realizzare Lui, e non per ottenere meschini trionfi. I vostri ideali, la determinazione e le attività devono essere tutte tre dirette verso il conseguimento della Beatitudine Suprema. Il Nome renderà tutte le attività gradite come fossero atti d’adorazione, sarà di testimonianza alla venerazione stessa e renderà concreto il Nominato. Conferirà infine quella saggezza che rivela la Verità.
[2] La dolcezza del Nome è apprezzata per lo più da coloro che percorrono il sentiero della devozione. Un giorno a Jñânadev e Shântadev accadde di trovarsi insieme in una fitta foresta; entrambi avevano una gran sete, ma non riuscivano a trovare alcuna sorgente d’acqua, fatta eccezione di un pozzo in disuso, le cui acque erano troppo profonde e sulle cui pareti erano cresciuti arbusti e rovi. Jñânadev assunse la forma di un uccello e volò nel pozzo, riuscendo così a soddisfare la sua sete. Shântadev, che era un gran devoto, anelava la grazia del Signore che chiamò per nome con gran fervore; il Signore udì la sua preghiera. Le acque del pozzo si sollevarono e traboccarono proprio dove si trovava il devoto; egli poté così bere e proseguire il cammino.
[3] La calamita non può attirare a sé un pezzo di ferro ricoperto di ruggine e polvere. Voi non potete anelare Dio, se la vostra mente è ricoperta dalla ruggine dei desideri materiali e gravata dalla polvere delle bramosie sensuali. Eliminate la ruggine, riconoscete la Gloria di Dio e ripetete il Suo Nome nel silenzio del cuore. Potete scegliere uno qualsiasi dei Nomi che Lo denotano. Non ascoltate chi parteggia per un Nome particolare e critica gli altri. Non lasciatevi fuorviare dalla gente, che compone pompose formule polisillabiche e le propugna come superiori ad altri Nomi analoghi. Vasudeva, Krishna, Gopâla, Gopîvallabha, Govinda, Giridhâri, tutti questi indicano il Signore che è noto ai più come Krishna. Mîra era attratta maggiormente da un Nome: Giridhâri; esso le dava una gioia inesauribile, più di qualsiasi altro. Non esistono Nomi di Dio di grado superiore o inferiore. Avrete notato che non vi consiglio di adottare alcun Nome specifico, non metto in risalto il Nome di Sai, né della presente incarnazione, né della precedente. Tutti i Nomi appartengono a Sai Baba; essi sono tutti Miei.
[4] Ecco la grandezza del Sanâtana Dharma, la Legge Eterna, ed il suo insistere sull’Unicità dietro la molteplicità apparente. Esso dichiara che il Sé è la Verità fondamentale e non contraddice le dottrine di nessun credo. Dio non è limitato dallo spazio né dal tempo. Egli non può essere definito con nomi o forme. Tutti i nomi gli appartengono e ad ognuno risponderà. Dipingetelo con una forma qualsiasi, mentre meditate su di Lui, Egli assumerà quella Forma donandovi la Sua Grazia.
[5] Poiché l’India ha dato rilievo alle caratteristiche dei Principi Supremi, è da secoli il faro della luce spirituale e della speranza. Oggi vediamo che l’ansietà, la paura, le fazioni, l’odio e la vendetta dilagano in tutti i paesi. I vicini si odiano reciprocamente, come pure i membri della stessa famiglia, che si combattono fra loro. I villaggi sono lacerati dalle fazioni e sono in lotta gli uni contro gli altri. Le nazioni corrono selvaggiamente all’armamento e nutrono odio reciproco. L’uomo si è ridotto alla condizione di bestia selvaggia. Non ci sono due menti disposte a collaborare per un compito comune. La scintilla sorta nella mente individuale ha provocato una conflagrazione mondiale d’odio ed avidità. Ciò deve essere arrestato nell’individuo, nella famiglia, nel villaggio, nella città e nella nazione, ovunque sollevi la testa. La Verità, la Rettitudine, la Pace e l’Amore possono estinguere questo fuoco. L’uomo soffre, perché è inconsapevole del tesoro che tiene dentro di sé e, come un mendicante che ignora i milioni nascosti sotto il pavimento della sua capanna, soffre un’amara miseria.