[1] Questo giorno segna una fase significativa e sacra nella storia di Anantapur. È anche un giorno importante per coloro che desiderano la rinascita della cultura Bhāratiya, l’antico patrimonio culturale e spirituale dell’India. Attualmente il popolo indiano fruisce di grandi vantaggi grazie allo sviluppo dell’educazione, dell’assistenza sanitaria e di un piano per la distribuzione di grandi quantità di cereali e di acqua potabile. Questi programmi miglioreranno le condizioni di vita di milioni di persone. Si costruiscono più case, nuove scuole e nuovi ospedali; inoltre ci sarà un potenziamento delle industrie, delle aziende agricole e del commercio. Tutto ciò è auspicabile, non vi è dubbio, ma devono essere ideati altri programmi che mirino a garantire la sicurezza, la soddisfazione, l’equanimità e la pace della popolazione. Queste sono realizzazioni interiori che renderanno la comunità stabile e soddisfatta, in grado di rappresentare l’autentica cultura dell’India e rivelarne le qualità nobilitanti e ritempranti.
[2] È davvero sorprendente che sia i governanti sia i governati non abbiano neppure tentato di diagnosticare l’origine del diffuso malcontento e delle ricorrenti ondate di odio e d’incomprensione, di ansietà e paura che minacciano la pace e l’accordo sociale. Le cause di questi mali vanno ricercate nel campo spirituale più che in quello economico, politico, culturale o sociale. È veramente deplorevole che l’educazione dello spirito sia stata completamente trascurata, mentre tutta l’attenzione sia concentrata a potenziare la formazione professionale ed a raccogliere informazioni. Questa Scuola Superiore e le altre che sto fondando in ogni Stato indiano si prefiggono, fra l’altro, di dimostrare alla popolazione e all’Amministrazione pubblica l’importanza e l’urgenza di questo obiettivo ed i metodi con cui attuarlo. Il Mio piano d’azione è di fornire ai giovani un’educazione scolastica che, oltre a potenziare le facoltà intellettive, purifichi anche gli impulsi e le emozioni ed offra una disciplina fisica e mentale in modo che essi possano attingere alla fonte di tranquillità e gioia che è nel loro cuore. La loro natura superiore dovrà essere stimolata ed incoraggiata a sbocciare attraverso lo studio, la preghiera, la disciplina spirituale, il contatto con i saggi, i santi, gli eroi e le eroine spirituali del Paese, per condurli sul sentiero della fiducia in sé, della soddisfazione di sé, del sacrificio di sé e della realizzazione di sé.
[3] Il cuore dell’uomo, che è ora lasciato incolto, deve essere arato mediante gli esercizi spirituali quali la preghiera, la meditazione e la ripetizione del Nome di Dio. Se i semi dell’amore saranno piantati e fertilizzati con la fede ed il raccolto protetto con la vigilanza, allora la messe della tolleranza sarà assicurata. La sopportazione conferirà la pace e rimuoverà l’odio e l’ira. La sopportazione e la pazienza sono il più grande tesoro dell’uomo. Per comprendere in modo corretto la cultura di Bhārat, occorre studiare i Purāna ed i testi di scienza spirituale che elaborano e semplificano i profondi insegnamenti del Vedānta; infatti questi testi possono essere definiti ‘manuali popolari di scienze spirituali.’
[4] Questi sacri testi mettono in risalto il ruolo della donna come madre e lodano quelle madri che sanno infondere ideali elevati nella mente dei figli di questa terra. I Veda parlano di Maitreyi e Gārgī come donne di grande erudizione ed eccellenza spirituale. Gārgī fu onorata da tutta l’assemblea dei pandit vedici per la sua profonda conoscenza degli astratti e complessi argomenti del percorso spirituale fino al conseguimento della realizzazione del Sé. In epoca storica ricordiamo la madre dell’eroico condottiero Shivaji, la quale lo nutrì con la letteratura epica dei Purāna e lo educò ad essere un coraggioso rappresentante della cultura indù. Per gli indù, seguaci della sapienza antica, della divina Legge Universale, il Dharma era prezioso quanto il proprio corpo. Per proteggerlo e sostenerlo, erano pronti ad affrontare l’esilio, la tortura e la morte. Il Dharma era la Terra stessa in cui vivevano, era il loro respiro vitale. Mai avrebbero desiderato risiedere in un Paese in cui il Dharma non fosse praticato; si sarebbero sentiti soffocare se avessero dovuto vivere in un’atmosfera inquinata per la mancanza di rispetto verso il Dharma. In un Paese in cui i principi della rettitudine fossero stati ignorati, essi avrebbero potuto sopravvivere solo come fece Sītā quando si trovò prigioniera nel giardino a Lankā, ovvero respirando l’ossigeno del Nome di Rāma e ignorando tutto quanto la circondava.
[5] L’India non troverà mai vera felicità se non nella devozione e dedizione al Divino che è intessuto in ogni parola, azione e pensiero della sua popolazione. Fabbriche ed università progrediranno e realizzeranno i loro obiettivi solo se le donne e gli uomini che vi si dedicano avranno la serietà, la sincerità, l’umanità e la riverenza che soltanto la devozione può far sorgere in loro. Solo così l’India potrà assumere nuovamente il ruolo di guida spirituale che ha mantenuto per secoli, di guida dell’umanità intera. La scuola superiore femminile di Anantapur sarà gestita dal Sathya Sai Trust che conta fra i suoi consiglieri e associati numerosi illustri figli e figlie dell’India, dotati di grande spirito di sacrificio e d’impegno spirituale, che sono le caratteristiche proprie del Paese. Essi sosterranno il nobile ruolo della madre nella società e nella cultura e cercheranno di alimentare quegli ideali che incoraggino e promuovano la cultura, la compassione, l’amore e la generosità per rendere la madre ispiratrice di una vita virtuosa. La Fondazione Sathya Sai non richiede alcun aiuto economico né d’altro genere ai cittadini di Anantapur. L’Ente sarà pago della gioia che questi ultimi otterranno quando negli anni a venire vedranno la soddisfazione del personale della Fondazione, nonché delle studentesse, dei genitori e delle famiglie.
[6] L’Istituto non è solo per questa città, deve rappresentare un modello che faccia aprire gli occhi a chiunque sia interessato all’educazione femminile ed all’arricchimento della nostra cultura attraverso le madri di questa terra. C’è ancora un pensiero che aleggia nella Mia mente: fare di Anantapur la sede di un’università, magari un’università femminile. Desidero che le relazioni tra i cittadini siano basate sempre più sull’amore e che l’unità si consolidi più saldamente, allontanando tutte le tracce di malizia, invidia ed orgoglio. Fate in modo che la mente si fissi stabilmente sul Sé universale, il quale si riflette in tutti gli esseri; allora l’amore guiderà automaticamente ogni iniziativa verso sentieri proficui. La Mia benedizione è che questo Istituto sia un esempio del trionfo che l’amore e la riverenza possono conquistare. Sia esso d’ispirazione a coloro che operano per la prosperità della donna e per il progresso nazionale, in tutti gli Stati. Possa l’Istituto guidare generazioni di nobili madri che vivano nel Dharma e che siano in grado di educare figli coraggiosi, colmi di devozione e dedizione a Dio.
Posa della prima pietra dell’Istituto femminile da parte del Vice Presidente dell’India.
Anantapur, 7.11.1969