[1] In questi giorni, in cui le nere nubi dell’odio si diffondono da stato a stato e avvelenano le relazioni da uomo ad uomo, soltanto la disciplina e l’illuminazione spirituale possono servire da faro. La gente si sente inerme davanti al dilagare della falsità, dell’ingiustizia e della violenza. La salvezza può venire solo dal quadruplice rifugio di Sathya, Dharma, Shânti e Prema (Verità, Rettitudine, Pace e Amore), che vengono instillati nell’uomo dalle scritture religiose e dalle storie dei Santi e Saggi riportate nei Purâna, in cui si narra come loro giunsero a Dio. L’entusiasmo sollevato dallo studio di questi testi non deve disperdersi come il bollore del latte sul fuoco: dopo qualche istante di bollitura il latte comincia a raffreddarsi. Quando un individuo torna a casa dopo aver ascoltato un discorso, il fervore derivatone svanisce nel nulla ed egli scivola nuovamente nella sua fatale routine. Ciò viene definito “impeto di rinuncia”, quando cioè si ascolta un discorso religioso che poi passa velocemente nel dimenticatoio. L’aspirante spirituale deve invece ambire a trattenere impressioni ben più profonde; i Mahâvâkya (Assiomi Vedici di Verità) che ode e l’esperienza visiva che ne ottiene, devono essere profondamente impressi nel cuore.
[2] Tutte le molteplici direttive, regole, limitazioni, indicazioni, comandi e divieti hanno il solo scopo di fondere l’anima nella Super-Anima, il Jîvâtma nel Paramâtma. Le sacre scritture prescrivono, quali elementi dello Yoga, varie forme d’astensione dal commettere cattive azioni, osservanze regolamentate, posture fisiche, controllo del respiro, ritiro della mente dagli oggetti dei sensi, meditazione e stato super-cosciente di riassorbimento nell’Âtma; inoltre prescrivono la ripetizione del nome di Dio o di mantra, formule mistiche, nonché l’ascolto dei racconti sulla gloria di Dio, la riflessione su quanto udito e la costante contem- plazione del Divino; tutto ciò ha come unico obiettivo il raggiungimento dell’unione del Jîvâtma con il Paramâtma. La disciplina spirituale è come la lotta contro una tigre, è come giocare con il fuoco: mâyâ, l’illusione. Mediante i gran colpi di martello inferti dalla gioia e dal dolore, il ferro viene sagomato in un recipiente cavo, in modo che possa galleggiare sul mare dell’illusione.
[3] Mescolando miele ed acqua di mare si ottiene una pozione imbevibile. Non mescolate la Grazia nettarea del Signore con la bramosia per i piaceri sensoriali. Sviluppate Prajñâna, la pura, immacolata visione della Realtà, in tal modo potrete visualizzare l’Uno che appare come i molti. I Veda proclamano: “Prajñânam Brahma” – la costante consapevolezza integrata è Brahma. È ciò per cui l’intelligenza compie integrazioni ed i sensi cooperano alla formulazione di conclusioni razionali. Infatti, il corpo fisico e la consapevolezza sono correlati fra loro per mezzo dei sensi e dell’intelligenza. Quando Dio e l’uomo operano insieme, come il polo positivo ed il negativo, si genera Prajñâna: la corrente, la consapevolezza integrata. È quest’ultima che determina la convinzione “Aham Brahmâsmi” – Io sono Brahman.. Ciò non significa che ci siano due entità, io e Brahman; come nello sciroppo l’acqua e lo zucchero si mescolano, così l’io si fonde nel Brahman e ne risulta quindi un’unica entità, Brahman. Il Sâma Veda riporta il grande assioma “Tat Tvam asi” – Tu sei Quello, vale a dire: Quello che è di là del nome e della forma è te stesso, ma ora ti senti distinto e pateticamente differenziato a causa del nome e della forma, due segni transitori e mutevoli dell’individualità. La contemplazione di tali grandi Verità riempie di gioia inesplicabile. Non essendone consapevole e non conoscendo la loro dolcezza, l’uomo perde la grande opportunità.
[4] La Prashânti Vidvan Mahâsabhâ (nome di un ramo della Sathya Sai Organization) è concepita per divulgare in tutto il mondo questo prezioso tesoro, poiché tutti ne hanno diritto. Non solo i Veda, ma anche la Gîtâ, il Râmâyana, il Mahâbhârata e la Bhâgavata contengono il messaggio di Dio; anch’essi dovrebbero essere alla portata di tutti. Ad ogni uomo dovrebbe essere fornito questo nutrimento, affinché possa crescere in forza e salute, coraggio e fiducia; una volta acquisita, la conoscenza del Sé non si perderà più. C’è un’altra cosa, che una volta persa, non l’otterrete mai più: mâyâ.. C’è infine una terza cosa, che non potrete mai ottenere né perdere, perché è voi stessi: Brahman. Usate la vostra intelligenza ed arriverete alla corretta interpretazione della molteplicità dell’universo. La scienza si sta avvicinando a grandi passi all’idea che fondamentalmente l’Universo sia Uno.
[5] L’intelligenza deve essere però liberata da pregiudizi e malizia. Un rinunciante aveva un orso, che coccolava come un cagnolino e che portava con sé nel suo vagabondare. Un giorno, nel mezzo di una fitta giungla, disse all’orso di fargli da guardia e si addormentò. L’orso vide una mosca sul naso del padrone; cercò di scacciarla, ma questa tornò e non volle andarsene. Adirato per tale audacia, l’orso prese una grossa pietra e la scagliò contro la mosca appoggiata sul naso. Inutile dire che la pietra uccise il padrone. Occorre avere discriminazione e non solo idee.
[6] L’oratore precedente ha parlato dei grandi Santi e personaggi Divini, la cui visione è d’ordine universale. È difficile per un’intelligenza comune coglierne i significati e misteri. Ognuno di loro ha il suo compito, il proprio stile, un’area specifica ed il proprio metodo. L’oratore ha detto che Sathya Sai Baba conosce ciò che accade a tutti: perché Io sono in ognuno – Îshvara sarva bhûtânâm – come dichiarano le scritture. La corrente attraversa ogni lampadina, ma alcune sono di maggiore ed altre di minore potenza. Non c’è differenza fondamentale tra Jîvâtma e Paramâtma. Gli Upâdhi (involucri), come le lampadine, hanno diversa potenza a seconda della forza del filamento. La vacca mangia l’erba, il maiale rifiuti, il leone carne. Queste sono le particolarità degli Upâdhi. Come ci può essere confronto e rivalità fra di loro?
[7] Un Hatha Yogi aveva acquisito molte abilità insolite, tuttavia notò che molta gente si radunava intorno ad una persona, che egli non era in grado di valutare. Quella persona aveva caratteristiche che non si possono conquistare con l’abilità: Equanimità, Verità e Amore. Se passioni ed emozioni sono sotto il controllo della Natura superiore dell’uomo, il Signore si assumerà la responsabilità del suo progresso ed avanzamento verso di Lui. Diversamente, quell’uomo dovrà aspettare. Non lamentatevi di non avere un custode. Dio è il solo a non averne. Tutti gli altri hanno Lui come custode. Egli è sempre vicino all’uomo, dentro di lui come Coscienza, fuori di lui come Compagno e Guida.
(Bombay, 24 Marzo 1967. Stadio Sardar Patel.)