[1] Vi ho selezionato fra le persone qui riunite per fare di voi dei volontari durante la festa di Compleanno, che avrà inizio domani. In precedenza, molte volte ho parlato della disciplina, cui vorrei vi sottoponeste. Esaminate voi stessi e stabilite sin a che punto siete riusciti a seguire quelle regole di condotta. Oggi il mondo è lacerato da fazioni e dalla paura; è imperativo, quindi, che ai buoni sia assicurata la pace e che il livello di vita, grazie alla diffusione del Dharma, Rettitudine, sia innalzato ad un più alto grado di moralità. La gente deve acquistare esperienza in Sathya, Dharma, Shânti, Prema e Ahimsa (Verità, Rettitudine, Pace, Amore e Non-violenza), armi queste che possono dominare le passioni che hanno trasformato il cuore in un covo di malvagità. L’opportunità d’essere volontari qui è solo il primo gradino nell’addestramento all’adeguato uso di tali armi.
[2] Non pensate che sia una responsabilità temporanea addossatavi oggi, che deporrete fra pochi giorni. È una forma d’adorazione, cui siete iniziati, in modo che i vostri cuori si purifichino e Dio vi si possa riflettere. L’addestramento al volontariato v’indurrà a provare la beatitudine del Sé e la Luce della Realtà. V’inciterà a ricercare la Verità interiore, la swa-swarûpa, la vostra autentica forma. Tutte le attività compiute devono essere dirette ad un fine: attirare su di voi la Grazia di Dio. Tutte le provviste immagazzinate nella dispensa di casa sono lì per uno scopo: soddisfare la vostra fame. Così tutte le opere sono mirate ad ottenere Dio.
[3] Essendo intrappolato nell’oscurità dell’ignoranza spirituale, l’uomo sbaglia obiettivo. Ritiene d’essere felice se soddisfa i sensi, ma in realtà inganna solo se stesso. L’ego non è l’imputato; ciò è causato dall’oscurità prodotta dall’ignorare il proposito della vita. Dovete convincervi che Dio risiede in ogni essere come Âtma (il Sé) e che ne illumina i sensi e la visione. Allora l’oscurità svanirà e la Luce prevarrà. Apprendere il procedimento di come rimanere saldi in tal fede è vera educazione. Tutto il resto è paragonabile a lampade senza fiamma, che non disperdono l’oscurità; possono essere destinate a ciò, ma definirle con tal nome è errato.
[4] Se chiamate voi stessi volontari, intenti a servire il prossimo, dovete formulare nella mente il riverente pensiero che la persona servita è il Signore stesso in quella forma. Tale attitudine è di grand’utilità all’aspirante spirituale. Servizio all’uomo è servizio a Dio. Ciò avviene quando sentite nell’intimo che la persona servita è un’onda dello stesso mare, da cui deriva la vostra individualità, il vostro gusto, il vostro nome e forma. Oggi vi ho chiamati per nominarvi “Volontari” e per darvi l’opportunità di servire Dio per mezzo del servizio reso all’uomo.
[5] Non crediate che vi sia conferita una nuova autorità o addossato un onere. Accettare la Volontà di Dio offre i suoi vantaggi: concede ricchi frutti. Hanuman non divenne presuntuoso quando Râma lo scelse per effettuare la cruciale ricerca verso Sud, oppure quando Râma gli diede in custodia l’anello da consegnare a Sîtâ (assicurandolo che avrebbe avuto successo nel ritrovarla); né venne sopraffatto dalla paura al pensiero dell’enorme responsabilità che gli era stata addossata; non era felice, né infelice. Pensò soltanto che Râma, il Signore, conosce tutto e che il suo unico dovere era quello di ubbidire.
[6] Dovete sviluppare la medesima attitudine verso i miei comandi e le mie istruzioni. Abbiate la ferma convinzione che se li seguite strettamente, otterrete vittoria. Una sera Krishna condusse Arjuna lontano dalla città di Dvârakâ e, mentre erano insieme da soli, Krishna indicò un uccello che stava volando sopra le loro teste e chiese: “Arjuna, non è una colomba?” Arjuna acconsentì, assicurando che era una colomba. Improvvisamente, Krishna si girò verso di lui ed affermò: “No, no! È un corvo.” Arjuna rispose: “Oh scusami, è certamente un corvo”. Subito dopo Krishna aggiunse: “Un corvo, no, deve essere un nibbio, non è vero?” Arjuna prontamente acconsentì “Sì, è un nibbio.” A questo punto Krishna sorrise e gli chiese: “Sei sicuro d’essere nelle tue piene facoltà mentali? Che cosa vedi esattamente? Perché asserisci che lo stesso uccello è una colomba, poi un corvo ed infine un nibbio?” Arjuna replicò: “Chi sono io per contraddire la tua affermazione? Tu puoi trasformarlo in un corvo anche se non lo è, oppure cambiarlo in un nibbio. Mi sono reso conto che la cosa più sicura è essere d’accordo con te, in piena fiducia. Non conosco altra possibilità”. Fu solo dopo tale prova di fede incrollabile che Krishna stabilì che Arjuna aveva tutte le credenziali per ricevere gli insegnamenti della Gîtâ.
[7] L’indagine sull’identità dell’uccello era solo una prova. Dio mette alla prova l’uomo, che deve accettare di buon grado questi esami, i quali sono destinati a conferire maggior Grazia. Non devono essere considerati punizioni, ma servono a rinforzare la fiducia in se stessi. Voi vedete una casa e decidete di trasferirvi a vivere lì, solo dopo che vi siete assicurati che le fondamenta siano sicure, non è forse vero? Quando la vostra fede sarà ben stabile, allora la vita trascorrerà nella Pace.
[8] Ricordate che tutti coloro che vengono a Prashânti Nilayam sono membri della vostra stessa famiglia: rispettateli e serviteli. Per raggiungere simile attitudine, dovete avere molta pazienza. Lode o biasimo, apprezzamento o critica, tutto deve essere sopportato con forza d’animo. Non abbandonatevi mai all’ira o allo scoraggiamento. Tenete la vostra mente fissa su tale comando; tutto il resto è solo occasionale. Il Dharma prescrive che le donne, i malati, coloro che sono gravati di pesi e gli anziani devono ricevere priorità ed essere aiutati. Anche se l’ammalato è un uomo decrepito di basso lignaggio, l’imperatore deve dargli il diritto di precedenza e permettergli di essere servito prima; altrimenti richiamerà su di sé la punizione degli Dei. Gli anziani hanno accumulato molta più esperienza di voi, sono colmi di dolcezza come frutti maturi. Anche i Saggi devono essere serviti e riveriti. Quale dolcezza è presente in loro? È la Pace, l’imperturbabilità di fronte agli alti e bassi della vita.
[9] L’unico atto d’ascetismo da adottare è quello di ubbidire gli ordini del Signore. Non serve digiunare o torturare il corpo; riuscirete ad uccidere la serpe, prendendo a legnate la tana, in cui si è rinchiusa? Può il tormento insegnarvi la Verità? Controllate i pensieri, arginate i sentimenti, canalizzate la corrente degli impulsi. Il pendolo cesserà di oscillare, solo quando smetterete di caricare l’orologio con la chiavetta. Astenetevi dal caricare, allora il pendolo si fermerà in un punto: la mente rimarrà ai Piedi di Dio.
[10] I desideri non possono conferire pace; un desiderio è come un minuscolo seme, da cui nasce un immenso albero; a sua volta sparge milioni di semi, che germogliano in milioni d’alberi. Essiccate il seme ed esso non germinerà più. Se i desideri si moltiplicano velocemente, la concentrazione diventa impossibile; se l’acqua viene versata da un’altura, scorrerà giù dalla china sino a fermarsi nell’avvallamento. La concentrazione è il processo inverso: far rotolare un masso in su verso la cima. Ciò richiede sforzo incessante, attenzione ininterrotta, lotta continua. Se lasciate che la vostra sicurezza si affievolisca anche per un solo istante, il masso cadrà rotolando verso il basso.
[11] Avete un’altra gran responsabilità. L’India deve guidare gli altri paesi verso il servizio disinteressato ed una distaccata dedizione al dovere. Sin dai tempi antichi, l’India è famosa come la terra dell’azione dedita, del vivere e del pensare sacro, dell’incessante sottomissione delle passioni della mente, dell’instancabile conseguimento dell’obiettivo della Pace. Ultimamente, però, anche gli Indiani sono stati infettati dalle malattie prevalenti nelle altre parti del mondo; hanno cominciato a disdegnare la compagnia dei buoni, i libri sacri e la disciplina spirituale. Questa è una tragedia. L’antica condotta di vita deve essere nuovamente ravvivata, le antiche attitudini devono essere apprezzate e praticate. La ferma fede nel Sé imperituro, quale Realtà individuale ed universale, deve vivificare di nuovo tutte le attività.
[12] Come volontari, dovete seguire la Verità. Qualunque sia la tentazione, non allontanatevi dalla Verità. Dopo aver indossato il distintivo, come segno della vostra dedizione al servizio, non dovete deviare dalla Verità, dalla Rettitudine, dalla Pace e dall’Amore. Quando un uomo assume sul palcoscenico il ruolo di Harischandra deve aderire alla Verità almeno finché si trova sul palco. Pertanto, finché portate questo distintivo, dovete seguire rigorosamente le quattro qualità. Poi quando vi accorgerete di quanto siete felici e di come sappiate comportarvi bene con i vostri simili, voi stessi apprezzerete tale sentiero e continuerete a percorrerlo. Non soltanto durante le festività di Navarâtri, Shivarâtri o Dîpâvali, non solo a Prashânti Nilayam per pochi giorni, dovete seguire queste virtù sempre ed ovunque. Ognuno di voi diventerà così un faro d’ispirazione nel proprio villaggio. Grazie al vostro esempio ed al vostro silenzioso influsso, le fazioni e le paure cesseranno, tutti saranno come fratelli e sorelle.
[13] Questi distintivi devono frenare la vostra presunzione e non gonfiarla in dannoso orgoglio; non sono simboli d’autorità, ma stanno ad indicare che chi li porta è un amico sincero, un lavoratore efficiente, un familiare sempre sorridente, una guida devota, un’ispirazione. La maggior parte della gente che viene qua è angosciata da problemi fisici o mentali. La Gîtâ dichiara: “Raggiunto questo mondo, transitorio e pieno di tribolazioni, adora Me.” Essi vengono in questo luogo per cercare pace, gioia, coraggio, speranza, forza e fiducia. Devono essere benvenuti ed occorre offrire loro rispetto e comprensione, amore e considerazione.
[14] Cercate di intuire che tipo di comportamento, quale linea di condotta, quale attitudine al servizio incontri la mia approvazione, quindi, seguiteli. Così anche il vostro servizio darà frutti. A Me non piace chi fuma, pertanto smettete di fumare; non Mi piacciono le parole aspre, il rumore, un comportamento selvaggio, conversazioni meschine su argomenti disdicevoli; evitate tutto ciò. Apprezzo invece il parlare sottomesso, dolce ed amabile; mettetelo quindi in pratica. Non spingete, non trascinate, non impartite ordini qua e là. Spiegate ai presenti il motivo, per cui vengono prescritte certe regole e discipline; sforzatevi d’essere convincenti e di guadagnarvi la collaborazione della gente. Ogni minima cosa fa parte della Sâdhanâ, disciplina spirituale, ed anche il più piccolo atto d’auto-controllo favorisce l’avanzamento. Non precipitatevi avanti per ottenere posizioni vantaggiose, ovunque vi troviate, lì potete ottenere la Grazia, compiendo il dovere assegnatovi. Vi avverto che se trascurate i vostri incarichi, per avventarvi verso le file anteriori, negate a voi stessi la Grazia. Io vedo ogni cosa ovunque; non è quindi necessario che spingiate o corriate per catturare un mio sguardo.
[15] Il Signore valuta l’attitudine mentale dietro ad ogni atto. “Voi diventate ciò che pensate”. Tramutate ogni azione in un atto di preghiera e d’adorazione e traetene la massima gioia. SAI è in ogni essere, quindi non mancate di riguardo a nessuno. Riverite e servite tutti al meglio della vostra abilità. Se qualcuno vi chiede dell’acqua, per placare la sete e voi gliene offrite un bicchiere, pensate che l’offrite a Me; allora quest’atto vi purificherà ancora di più. Non è l’uomo bisognoso che servite, in realtà state servendo Dio, che è in voi ed in lui.
[16] L’azione è il fiore, la saggezza è il frutto. Il fiore diventa il frutto maturato nel tempo. Si deve tuttavia proteggerlo e liberarlo dagli insetti. Il carbone è legno sottoposto in parte al battesimo del fuoco; sottoponetelo a quel battesimo per intero e diverrà bianca cenere così leggera, che con il vento volerà nelle quattro direzioni. La purificazione della mente dalle passioni deve essere effettuata mediante il fuoco della saggezza, finché non si è raggiunto pieno successo. Nella disciplina spirituale non esiste una baita a metà cammino, né un rifugio ove riposare.
[17] L’incoronazione sul trono della realizzazione del Sé, come sovrani della coscienza interiore, è il compimento della Sâdhanâ di tutta la vita. L’uomo può sacrificare tutto per raggiungere tale sublime successo. I Pândava rinunciarono all’impero, per il quale avevano lungamente lottato e sacrificato quattro milioni di vite sul campo di battaglia, per ottenere tale incoronazione da sovrani. Nell’ultima fase della loro vita cercarono la pace nelle montagne dell’Himalaya. Soltanto con la rinuncia è possibile conseguire simile condizione. Le Upanishad dichiarano che l’immortalità può essere raggiunta non con atti sacri, né con virtuosa progenie, né con l’accumulo di ricchezze, ma soltanto con la rinuncia. Se anelate il Signore, dovete sacrificare i vostri attaccamenti al cibo ed ai divertimenti, all’io e al mio.
[18] Un’immagine stampata su carta non può essere grattata via, perché ne diventa parte intrinseca. Analogamente, il Nome e la Forma del Signore devono essere impressi nel vostro cuore. Avete appuntato sul petto il distintivo con questo ritratto, ma l’originale deve essere portato ed impresso nel cuore. Le pastorelle, devote di Krishna, avevano fatto così; anche Prahlâda aveva raggiunto lo stesso scopo. Ecco perché non piangeva, né si lamentava quando veniva sottoposto a torture e tormenti: egli vedeva, udiva, sentiva, conosceva solo Nârâyana, il Signore. Dovete cercare di sviluppare tale profonda fede e devozione.
[19] Qui a Prashânti Nilayam si deve fare ogni sforzo per preservare la Pace. Nella vostra Sâdhanâ dovete innanzi tutto mettere in rilievo tale aspetto. Soltanto nel silenzio la Voce di Dio può essere udita. In tale spirito e con questo proposito rendete i vostri servigi alle migliaia di persone, che stanno arrivando qua; ecco il modo per arrendersi alla Sua Volontà. Âjñâ, il comando del Signore, è la barca che vi permetterà di attraversare il Mare del Mutamento, conducendovi verso l’Eterno e l’Assoluto.
(Prashânti Nilayam, 22 Novembre 1967.)