Oggi è un giorno molto importante, non solo per la città di Anantapur, per l’intero distretto o per lo Stato dell’Andhra Pradesh, ma anche per tutti gli altri Stati. Già nel 1964, in occasione della festa della Scuola Superiore Femminile, avevo dichiarato che il bisogno primario della città era un istituto esclusivamente femminile. Quella decisione ha trovato realizzazione proprio oggi, e molto presto la scuola diverrà un’istituzione educativa pienamente sviluppata e ben attrezzata, con una connotazione del tutto particolare.
La motivazione che ne ha sollecitato la fondazione non è la ricerca di fama né il desiderio di propagare un culto, e neppure la speranza di un profitto economico. So bene che la fama è un’illusione evanescente, la notorietà marcisce col tempo e il profitto è corrotto quando lo si misura in denaro.
Ho permesso che questo istituto sorgesse perché esso infonderà nella mente delle studentesse gli antichi ideali di Satya, Dharma, Shânti e Prema (Verità, Rettitudine, Pace e Amore), ideali che sono esposti nei Veda, descritti nelle scritture e illustrati nella letteratura epica. Sono gli ideali praticati per secoli da innumerevoli generazioni di uomini e donne di questa terra e confermati dai suoi santi, saggi, legislatori e leader come i più adatti per il progresso individuale e sociale.
Tutti vogliono conoscere il segreto della pace
Ogni studente nato e cresciuto in questo Paese è erede di tale prezioso retaggio e ha il diritto di conoscerlo e di goderne. Coltivare i campi è per il sostentamento, coltivare la mente è per la vita. Le tecniche e le specializzazioni servono a realizzare beni che meglio soddisfino le necessità dell’uomo. Gli studi sono per forgiare attitudini, sentimenti, desideri, emozioni e impulsi, così che essi possano donare all’uomo più pace, più gioia e più forza.
Un giorno Prahlâda disse a suo padre: “Il padre che conduce il figlio a Dio è l’unico che meriti il rispetto dovuto a un genitore.” I padri che spingono i figli nel vortice dei piaceri sensuali, nel vulcano delle passioni fisiche, nelle paludi dell’orgoglio e della vanità ignorano i loro doveri e le loro responsabilità.
Anche un sistema educativo che tenga i ragazzi lontani da Dio, che è l’unico rifugio, il solo parente e custode, la sola guida, è in realtà un sistema in cui dei ciechi sono impegnati ad accecare la vista di chi è loro affidato.
L’India ha scordato quale sia la vera origine della sua forza e ora pensa di trovarla nella sfibrante ricerca di servizi e comodità rovinosi. Questo istituto nutrirà le radici di quella genuina cultura, la sola che possa dare nuova vita agli indiani e, attraverso di loro, al mondo intero.
Il Mio viaggio nell’Africa Orientale ha rivelato che la gente laggiù è ansiosa di conoscere la cultura e la filosofia dell’India per poter apprendere il segreto della pace e della gioia.
Le donne, che per tutti questi secoli hanno costituito il baluardo di difesa della cultura indiana e sono state le tutrici del patrimonio spirituale, stanno velocemente cedendo alle evanescenti attrazioni di una cultura frivola, come si nota dallo stile di vita e dal comportamento sociale di molte donne istruite. Questo è il risultato di un sistema educativo vuoto e artificiale, nonché della spinta sottile esercitata dalla letteratura di poco prezzo e da film dozzinali.
Le donne sono le madri della futura generazione e sono le insegnanti di quella stessa generazione nei primi cinque anni di vita.
La responsabilità della madre è decisiva
La madre è la prima delle cinque madri (Mâtâ) che il bimbo incontra: Dehamâtâ, la madre fisica che ha dato vita al suo corpo; Gomâtâ, la mucca che dona il latte che lo sostiene; Bhûmâtâ, la terra che produce le messi di cui nutrirsi; Deshamâtâ, la patria che dona protezione, cura, amore, diritti e opportunità per servire ed elevarsi all’apice delle proprie potenzialità, e infine Vedamâtâ, il patrimonio dei tesori spirituali che rivelano lo scopo della vita umana e che gradualmente conducono al traguardo della realizzazione del Sé.
La madre fisica deve far capire al bambino la gloria delle altre quattro, perciò la sua responsabilità è la più grande, la più decisiva. Per questa ragione è stato deciso di fondare un istituto femminile in ogni Stato per promuovere il Dharma (Rettitudine e Retta Condotta) che sono venuto a ripristinare. Tutto ciò fa parte del disegno generale. Ogni Mio atto, ogni Mia parola avrà solo tale obiettivo come fine.
Solo l’Âtma vidyâ, la scienza del Sé, può tenere la mente fissa sul Dharma. Alle studentesse verrà data un’idea di tale Âtma vidyâ ed esse svilupperanno il desiderio di saperne di più; conoscenza e desiderio che torneranno loro molto utili quando dovranno affrontare i problemi della vita.
La guerra di Kurukshetra, della quale il Mahâbhârata è antefatto e teatro, durò diciotto giorni. Altre guerre sono durate più a lungo: sette anni, trent’anni, perfino cent’anni, ma, per quanto lunghe, tutte ebbero una fine. A un certo punto si conclusero! Invece la guerra tra Jîvi e Mâyâ, tra l’individuo e i seducenti e ingannevoli raggiri della Natura, profondamente irreale con la sua allettante molteplicità, ebbene questa battaglia è incessante. In questa lotta, l’individuo può trovare la vittoria solo se sceglie il Signore come suo auriga e guida e se si arrende a Lui con tutti i propri giudizi e desideri, come fece Arjuna.
Mâyâ, l’illusione, può essere conquistata solo alleandosi con il suo Padrone e Signore. Questa è la lezione che l’Âtma vidyâ insegna e che i figli dell’India hanno il diritto di ricevere; anche i figli di tutto il mondo potranno ricavarne un bene immenso.
Anantapur, 22 luglio 1968,
Inaugurazione dell’Istituto Femminile di Arti e Scienze Śrî Sathya Sai
(Tratto da “Educare – Educazione ai Valori Umani nei Discorsi di Shrî Sathya Sai Baba”- Ed. MSP)