[1] L’India è un paese davvero sacro, dove i Saggi cercarono di scoprire i mezzi per condurre in comunità una vita pacifica e felice, per porre fine al dolore. Essi scoprirono ed insegnarono la Scienza del Sé, Âtmavidya, di cui l’Amore è l’elemento principale. Dio si trova dove c’è Amore, Amore espresso come compassione, carità, riverenza, affetto, sacrificio. Dio è Amore: Premamaya, Premaswarûpa, Premabhaskara (colmo di Amore, Incarnazione di Amore, Sole di Amore), così viene descritto da coloro che Lo hanno realizzato. Può essere quindi raggiunto solo per mezzo dell’Amore. Bhakti, la devozione, è definita come Parama-prema-swarûpa, avente la natura dell’Amore supremo: infatti, non è amore cieco, non ha proprio bisogno di esserlo.
[2] Sono sempre favorevole all’indagine profonda, che rafforzi le fondamenta della fede. La ricerca rinvigorisce il principio dell’Amore. Può esistere qualcosa di più amabile di Dio, che è Bellezza, Forza, Gloria, Fama, Splendore, Saggezza nel Suo massimo fulgore? L’amore di Dio crea nell’uomo amore per tutti gli esempi della Sua maestà, compassione, magnificenza, molteplicità. Ramakrishna riconosceva in un fiore il Suo fascino; vedeva ovunque la Sua grandezza; udiva fuoriuscire da ogni gola la Sua melodia, il suono del Suo flauto. Persino il sudiciume e la malvagità vengono amati, poiché Dio permette loro di esistere.
[3] Il vero Indiano deve avere questo Amore, che lo ispiri e lo guidi in tutte le azioni. Amore verso Dio è il sine qua non per un figlio della Madre India. La parola stessa, Bhâratamâtâ, significa proprio ciò. I grandi uomini e donne dell’India non sprecavano le loro vite nel conseguire possedimenti terreni, ma vi rinunciavano, considerandoli ostacoli, che impedivano il progresso sul sentiero verso Dio. Essi abdicarono trono e regno, rinunciarono alla guerra, impararono la filosofia sui campi di battaglia e vagarono in lungo e in largo alla ricerca di una guida spirituale. Come uomini, dimentichi dei loro stessi nomi, chiedevano ai saggi chi mai fossero, finché riconobbero la loro vera identità. Essi non interrogavano tutti coloro che incontravano, come invece fanno i più oggi “Chi sei?”, ma chiedevano a tutti gli uomini saggi, che incrociavano sul loro cammino “Ti prego, dimmi chi sono”. Ecco il modo per ottenere piena soddisfazione e pace.
[4] L’Io è la base, su cui costruite la vostra Divinità ed è la Dimora del Dharma, rettitudine. Tale verità può essere riconosciuta per mezzo di Karma e Upâsana (attività e dedizione, servizio e devozione), che purificano. Come l’acqua ed il fuoco sono trasformati in vapore, che aziona la locomotiva e trascina pesanti vagoni sulle rotaie, così Karma e Upâsana generano Jñâna (conoscenza spirituale), che fa muovere dolcemente la vita dell’uomo lungo i binari della Pace e della Gioia. Karma e Upâsana creano il distacco ed insegnano i veri valori; l’uomo apprende quindi che la pace può essere solo acquisita ritirando la mente dal mondo oggettivo e non permettendole di brucare nei velenosi pascoli dei piacere sensoriali.
[5] Quando siete depressi per ciò che vi sembra essere una perdita o una calamità, impegnatevi nella recitazione e nel ricordo dei Nomi del Signore; ciò vi conferirà consolazione, coraggio e giusta prospettiva. Ricordatevi delle disperazioni e calamità subite ed accolte dai Santi con entusiasmo, e mantenete la calma durante ogni tormenta. La gente li derideva, ritenendoli pazzi; essi invece erano consapevoli di essere nell’Ospedale della Grazia di Dio e non nell’ospedale mentale dell’uomo. Essi avevano piena fede nel loro destino e fiducia completa in Dio; ridevano quando le calamità tentavano di intimorire il loro ardore, poiché riconoscevano in loro la forza latente dell’Âtma.
[6] Ora gli studenti della Scuola della Cultura Vedica di Prashânti Nilayam insceneranno su questo palco una recita per tutti i presenti. Solo raramente hanno recitato davanti un così vasto pubblico. Il dramma rappresentato è pregno di insegnamenti spirituali; dipinge con dolci canti e semplici parole la sovranità della devozione, della saggezza e della fede. Essi ora vi riveleranno il significato interiore della devozione di Râdhâ, una devozione divenuta obiettivo di critiche generate dall’ignoranza e dalla perversità. I ragazzi vi forniranno molti elementi circa lo sforzo spirituale che dovete compiere. Se altri individui della vostra stessa età facessero tali affermazioni, potreste protestare, ma quando i bimbi, con pronuncia incerta, recitano la lezione, in quel caso vi piace prendere a cuore le loro parole. Accettate gli insegnamenti che questo dramma intende convogliare, qualunque siano i difetti della presentazione o della recitazione. Ascoltate pazientemente in silenzio, guardate con comprensione. I ragazzi potrebbero diventare nervosi se mostraste disinteresse o mancanza di attenzione. Prendete tutto ciò come un ulteriore segno della mia Grazia e rimanete seduti durante l’intera rappresentazione con riverente attenzione.
(Matunga, Bombay, 19 Marzo 1967.)