[1] La festività di Guru Pūrnimā è sacra per tante ragioni: in questo giorno il ricercatore affetto dall’illusione che il mondo oggettivo sia reale, è spinto a procedere verso la Verità; chi non ha sentito l’impulso ad esplorare la Realtà, oggi è ispirato a ricercare la sorgente della Beatitudine dentro di sé; i discepoli offrono la loro gratitudine ai Piedi del Maestro per avere ricevuto il dono della luce, ed i pellegrini ai Piedi di Loto di Dio studiano le mappe e le guide per il viaggio. Quando il Sole sorge, il mondo è benedetto da luce e calore. Quando il Guru elargisce la sua benedizione, il discepolo consegue la pace e la gioia. Il Guru Pūrnimā non termina oggi, non è una data particolare segnata sul calendario: è tutti i giorni se la mente, alla quale presiede la deità della Luna, è colma dei freschi raggi ristoratori che riceve direttamente dal Sole (l’intelligenza). La mente deve trarre l’illuminazione dall’intelletto, dalla facoltà discriminante, e non dai sensi che sono forze illusorie. Se i desideri sensoriali la macchiano, la mente non potrà conseguire la pace e la gioia.
[2] Non sviluppate troppo attaccamento per le cose del mondo che sollecitano gli appetiti e le brame sensoriali. Arriverà il momento in cui dovrete andarvene a mani vuote, lasciandovi dietro tutto ciò che avete faticosamente accumulato e con orgoglio definito ‘mio’. I residenti di Prashānti Nilayam, come pure quelli che vengono qui per pochi giorni, portano con sé dozzine di borse, scatoloni, fagotti, utensili di varie dimensioni e un carico di pentole e padelle. Guardate invece i devoti americani che sono qui; hanno attraversato oceani e continenti per migliaia di miglia con una borsa ed una stuoia; voi, invece, passate la maggior parte del tempo a preoccuparvi delle cose che vi accatastate attorno.
[3] Io insisto perché i residenti permanenti di Prashānti Nilayam [dimora della Pace Suprema] osservino cinque regole disciplinari. Ora ve ne parlerò perché le vostre case ed i vostri villaggi devono essere trasformati in Prashānti Nilayam:
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Il silenzio – È il primo passo della disciplina spirituale che agevola i successivi; promuove l’auto-controllo e riduce le probabilità di collera, odio, malizia, avidità, orgoglio, ed inoltre, potrete sentire i Suoi passi solo se il silenzio regna nella mente.
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La pulizia – È la via d’accesso alla devozione. Se desiderate insediare Dio nel vostro cuore, la pulizia esteriore ed interiore è essenziale.
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Il servizio – Vi salva dall’angoscia che provate quando un altro soffre; amplia la vostra visione, dilata la coscienza ed approfondisce la compassione. Tutte le onde sono dello stesso mare, provengono dallo stesso mare e ritornano allo stesso mare. Il servizio v’insegna a restare fermi in questa consapevolezza.
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Amore – Non state a calcolare, a soppesare la reazione, il risultato, la ricompensa. L’Amore chiama, l’Amore risponde. L’Amore è Dio, vivete nell’Amore.
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Assenza di odio – «Adveshtā Sarva Bhūtānām – Senza odio o inimicizia per alcun essere vivente». Nessun essere deve essere disprezzato o trattato come secondario, inferiore, meno importante o inutile. Ognuno ha il proprio ruolo da svolgere nel ‘grande dramma’ ideato dall’Onnipotente. Non offendete, non insultate né danneggiate alcun essere, poiché Dio è in ogni creatura e la vostra offesa diventa un sacrilegio. Voi traete molta gioia quando nel tempio venerate un’immagine divina scolpita nella pietra, ma dovreste provare ancor più gioia nel venerare quello stesso Dio che risiede nel tempio del cuore degli uomini e delle donne attorno a voi, non solo degli esseri umani, ma di ogni uccello, animale, albero, sasso e granello di polvere! Eknāth, un Santo indiano dello Stato del Mahārāshtra, aveva ottenuto proprio tale visione!
[4] La grazia di Dio non può essere acquisita con la semplice ripetizione delle Sue glorie. Ripetete il Nome di Dio con tutta la Sua aura di significato ben chiaro nella mente ed impregnatene le vostre azioni ed i vostri sentimenti. Gli Americani che oggi hanno cantato i bhajan hanno prestato attenzione alla melodia ed al ritmo, ma hanno imparato anche il significato di ogni canto; inoltre hanno cantato con il cuore ed osservato il sentimento. Perciò Bha(va), sentimento, ra(ga) melodia e ta(la) ritmo, Bha-ra-ta, dà loro il diritto di essere chiamati Bhāratīya. La cultura di Bhārat è fondata su ‘Rati’, attaccamento a Bhagavān (Dio). Questi devoti possiedono anche quello e quindi hanno acquisito diritti maggiori.
[5] Il Guru ricorda al discepolo l’inevitabilità della morte e la natura transitoria dell’esistenza terrena. Quando Yājñavalkya decise di andare nella foresta per condurre una vita di ascetismo, chiamò le sue due mogli e propose di dividere fra loro tutte le ricchezze che aveva guadagnato. Prima di accettare la sua parte, Maitreyi domandò a suo marito se quelle ricchezze l’avrebbero aiutata a realizzare la Verità ed a conseguire l’immortalità. Alla risposta che erano d’intralcio e non d’aiuto, la donna rifiutò di essere gravata di quel fardello. Nachiketa rifiutò il dono di un impero, la ricchezza, nonché anni di vita in buona salute. Buddha cercò di risolvere il mistero del dolore, ed il primo passo che intraprese nella sua disciplina fu di rinunciare all’attaccamento. Questi personaggi avevano un’implicita fede nell’esistenza di Dio, e le loro vite ruotavano attorno a tale certezza. Oggi, invece, molti ostentano la loro mancanza di fede e proclamano a gran voce che Dio non esiste poiché non l’hanno trovato durante la loro ricerca. Ma la parola ‘Dio’ si è diffusa proprio grazie all’esistenza di Dio. In una lingua, una parola viene coniata per indicare un oggetto o un’idea di cui si è a conoscenza. Un’entità inesistente non avrà un nome che la identifichi! Le parole che indicano cose inesistenti come ‘fiore del cielo’ – ‘madre sterile’ – ‘corna di lepre’ sono parole composte. Le parole cielo e fiore sono due termini ben distinti, ma l’assurdità sorge solo quando sono unite; lo stesso vale anche per ‘madre’ e ‘sterile’ come pure per ‘lepre’ e ‘corna’. Ogni parola esprime un’esperienza; ogni esperienza è la conseguenza di un desiderio; ogni desiderio è il risultato dell’impatto di un oggetto sui sensi. Il mondo oggettivo è la sovrapposizione della diversità sull’Uno; questa sovrapposizione è Māyā, l’illusione. Il Signore riconosce l’illusione definendola ‘Mama Māyā – la Mia illusione’, infatti essa è una manifestazione del Suo Līlā, espressione del sorgere del Grande Principio dell’«Io»! Il Guru vi spiegherà tutto ciò e v’insegnerà come lacerare il velo di Māyā.
[6] L’uomo, che è fondamentalmente affine agli animali, può muoversi in una di queste due foreste: quella non-vedica e quella vedica. Nel primo caso, la sua vita è sostenuta dai mezzi di sussistenza; una selvaggia inciviltà è dilagante; i precettori sono invischiati in intrighi immorali e sono impazienti d’infilare le loro lunghe mani nel vostro portafoglio invece di sorvegliare il vostro cuore o la mente; essi sono molto più interessati alle vostre fortune che al vostro fato. Nella foresta vedica invece prevalgono la calma e la quiete. La maestà leonina, nella forma di anime realizzate, vi risiede con gioia. Il silenzio penetra nel cuore e tutti i misteri sono chiariti. Siate semplici e sinceri. È solo uno spreco di denaro appesantire di ghirlande floreali le immagini e le statue poste sugli altari di casa vostra ed esibire utensili costosi e ricche offerte per ostentare la vostra devozione. Questo è un inganno, svilisce la Divinità attribuendole il desiderio di sfarzo e pubblicità. Per elargire la Mia grazia chiedo solo un cuore puro. Non alzate barriere fra voi e Me, non dovete interporre fra di noi le formalità della relazione Maestro-discepolo, e neppure le distinzioni del rapporto Dio-devoto. Io non sono né Guru né Dio. Io sono voi e voi siete Me: questa è la Verità. Non c’è alcuna distinzione. Quello che appare separato è soltanto illusione. Voi siete le onde, Io sono l’Oceano. Rendetevene conto e siate liberi, siate Divini!
Prashānti Nilayam, Guru Pūrnimā, 19.07.1970