[1] Attorno a noi vediamo soltanto esseri che trascinano le loro esistenze nell’infelicità nonostante il continuo sforzo, compiuto in numerose vite precedenti, di conquistare la gioia. La ragione dell’insuccesso sta nel fatto che solo la conoscenza dell’Ātma, del Sé, quale essenza interiore di ogni essere, può conferire la beatitudine permanente. Se i desideri sensoriali macchiano la mente, non si può conseguire la beatitudine incontaminata. La mente va purificata attraverso una vita virtuosa e sincera per permettere che si manifesti la consapevolezza dell’immanenza del Sé in tutti. La beatitudine sarà accessibile soltanto quando vedrete voi stessi in tutti, e tutti in voi. La grazia di Dio non si può conquistare con la semplice recitazione delle Sue glorie. Il Nome divino deve essere pronunciato avendo ben chiara nella mente la sua aureola di valori e significati. Mentre si canta il Nome di Dio, devono essere presenti il sentimento, la melodia ed il giusto ritmo.
[2] Dio non vi chiede se [per penitenza] abbiate vissuto in una grotta o abbiate mangiato solo radici e frutta; Egli richiede la purezza del cuore che si raggiunge con il servizio e l’abbandono: servizio all’uomo ed abbandono alla Sua Volontà. Voi esultate nell’adorare l’idolo di pietra che lo scultore ha scolpito nel tempio costruito dall’uomo; ma quanto più felici sareste nell’adorare proprio lo stesso Dio che risiede nel tempio dei corpi umani attorno a voi! Onorate il Dio che risiede in tutti gli esseri, che anima e sollecita tutte le loro attività. Ekanātha, il santo del Mahārāshtra, aveva questa lungimirante visione. Un giorno, con i suoi discepoli, stava andando in pellegrinaggio da Benares a Rāmeshvaram, nell’estremo Sud dell’India, portando la sacra acqua del Gange in un recipiente per compiere il rituale d’aspersione dell’idolo di Rāmalingeshvara. Lungo la strada s’imbatté in un asino molto sofferente che stava morendo di sete. Ekanātha ebbe la percezione che il Rāmalingeshvara presente nell’asino chiedesse a gran voce l’acqua del sacro Gange che egli portava sulle spalle; nonostante le proteste dei suoi discepoli, egli versò la preziosa acqua del Gange nella gola dell’animale morente e lo salvò, provandone così una gioia immensa.
[3] Dio è il seme di tutto l’universo manifesto; nella Bhagavad Gītā, Krishna asserisce:
Bījam mām sarva bhūtānām
In tutti gli esseri viventi Io sono il seme
(B.G. 7.10)
Le radici, il tronco, i rami, le foglie, i fiori, la corteccia, i frutti, tutti hanno una consistenza diversa e differenti sapori, odori, colori e funzioni, ma tutti sono sorti da un unico piccolo seme! Allo stesso modo, l’intero universo ha una sola Causa Prima: Dio. L’uomo deve cercare di conoscere la Causa, non l’effetto che è soltanto un aspetto della Causa stessa; così comprenderà anche la propria Realtà che può essere sperimentata solo dopo una prolungata disciplina con la quale deve tenere sotto controllo i sensi, come pure le passioni e gli impulsi che inducono i sensi ad agire. Tale disciplina si consoliderà in Amore universale, Amore che non ha bisogno di essere ricompensato o contraccambiato. Si afferma che gli aspiranti spirituali cerchino Dio fervidamente; sarà forse vero, ma certo è che Dio cerca ardentemente un aspirante sincero, e non ne ha ancora trovato uno! I devoti sono tutti attori teatrali; la loro devozione crolla al primo atto di delusione o sofferenza, oppure sono solo devoti a orario ridotto: qualche minuto o qualche ora per Dio ed il resto per loro stessi e per dare libero sfogo alle loro attrazioni ed avversioni sensoriali! Parlate secondo i vostri sentimenti ed agite in conformità alle vostre parole; allora pensiero, parola ed azione saranno di convalida e di complemento reciproco e contribuiranno al vostro successo spirituale.
[4] La gente risponde variamente alla domanda: “Dove si trova Dio?” Qualcuno dice a Tirupati, Badri Kedar, Amarnath, Bhadrachalam o Puttaparti. Non sono queste le risposte che dovreste dare o accettare. Affermate invece che Dio risiede dove i Suoi devoti si radunano a cantare la Sua gloria. Per questo insisto nel raccomandarvi di praticare la recitazione del Nome divino ed i canti devozionali in processione. Nell’istante in cui intraprendete il sentiero spirituale, la grazia scenderà su di voi. Il Gange nasce dalla catena montuosa Himalayana e raggiunge il mare dopo un lungo percorso di oltre mille miglia; è vero, ma non pensate che il mare sia in relazione con le sue acque solo nel punto in cui il fiume confluisce nel mare. Se c’è il contatto anche in quel solo punto, c’è relazione per tutto lo sviluppo del fiume, per tutta la lunghezza delle mille miglia, dal mare alla sommità. Il fremito, l’emozione [di quella relazione] saranno percepibili dalla sorgente ove il fiume scaturisce sino all’estuario dove sfocia nel mare.
Prashānti Nilayam, 19.08.1970