[1] Perché l’uomo piange quando viene al mondo, perché si lagna per tutta la vita e si lamenta, fin nell’aldilà, che il suo soggiorno sulla terra è stato solo uno spreco di tempo? Si comporta così perché non è consapevole della sua gloria, del suo nobile destino! Egli è il Divino che ha assunto forma umana, proprio come ogni altra cosa lo è, viva o inerte; ma è privilegio solo dell’essere umano prendere coscienza di questa verità unica! Tale è il messaggio che le Upanishad trasmettono all’uomo, al quale fanno eco anche le altre Scritture e le rivelazioni d’innumerevoli santi. Nonostante ciò, l’uomo è sordo a questa verità, forse a causa di cattive azioni compiute nelle vite passate. Egli può trarre beatitudine dalla contemplazione della sua stessa Divinità o del Divino manifesto in tutto quello che vede, ascolta, gusta, tocca o odora.
Sarvam Brahmamayam
Dio è immanente in tutto
Che inesauribile fonte di Ānanda, di beatitudine, esiste dentro e fuori di voi! Dovete solo perfezionare la mente in modo che risponda alla chiamata, che possa riconoscere la Verità. Il bimbo nella culla è la vera immagine della gioia; se piange, corriamo da lui perché è contro la sua natura essere triste! Anche l’uomo è essenzialmente beatitudine: la sofferenza è estranea alla sua natura. Riconoscendo l’immanenza del Divino, dedicate tutte le azioni a Dio. Cos’è l’azione se l’analizzate a fondo? È l’intervento del Divino, effettuato dal Divino, per la gloria del Divino, per mezzo delle capacità assegnate dal Divino; in questo non c’è né «io» né «mio», fatta eccezione per l’«Io» universale ed il «Mio» divino.
[2] L’atto del dedicare può essere eseguito in molteplici modi. Prendete ad esempio il cibo che consumiamo; prima di assumerlo offritelo a Dio, così diventerà puro e carico d’energia. Ogni azione intrapresa per glorificare Dio sarà resa pura e potente, non potrà ferire chi la compie né chi ne fruisce, né la società poiché sarà satura d’Amore, che è Dio. In realtà, Egli è il Regista di questo teatrino di marionette, è Colui che aziona i fili. Andate dietro le quinte e lo vedrete. Ora si nasconde, ma voi dovete solo sbirciare dietro un fiore, scrutare dietro una nuvola per vedere che tira i fili per mostrarci la bellezza o l’oscurità di una fitta bruma. Analogamente, dovete solo sbirciare dietro i vostri pensieri, scrutare i vostri sentimenti e lì scoprirete l’Animatore interiore! Questo processo d’introspezione è insegnato dallo Yoga Shāstra dell’India. Dovete però interpellare un Maestro puro e non motivato dall’egoismo, e non qualcuno che cela la propria ignoranza con prodezze e acrobazie. Se non trovate un Maestro con questi requisiti, è sufficiente che meditiate su qualsiasi Nome e Forma di Dio che vi siano graditi. Oppure è sufficiente il semplice ricordo del Nome e del Suo splendore. È importante tenere la mente lontana dal vizio e dalla cupidigia, ed il cuore tenero e compassionevole. Non conta l’età; una persona può anche essere anziana ma avere il cuore fresco e tenero, saturo d’entusiasmo di servire e pronto al sacrificio. Questo permetterà di ottenere il passaporto per il regno della spiritualità. La Divinità è il capolinea del viaggio della vita umana, come un frutto maturo che segna il termine della trasformazione da bocciolo a fiore ed a frutto, il quale a sua volta passa dalla fase acerba alla dolcezza della maturazione. La grazia è come la luce del sole che fa maturare il frutto. La disciplina spirituale è la linfa che sorge dalla terra. Entrambe sono necessarie affinché l’albero possa fruttificare.
[3] La grazia viene elargita a colui che cerca. Bussate e la porta sarà aperta, domandate ed il cibo sarà servito, cercate ed il tesoro sarà vostro. Voi, però, protestate dicendo: “Swami! Abbiamo bussato, domandato e cercato per anni…ma la porta non è ancora aperta, il cibo non è ancora pronto ed il tesoro è fuori della nostra portata!” Consentitemi allora di porvi una domanda: “Avete chiesto al demonio o alla Divinità? Avete bussato alla porta del diavolo e cercato il tesoro del suo regno che è il mondo oggettivo, la natura esteriore. Essa è un’abile incantatrice! Voi l’avete propiziata credendo che vi possa conferire pace e beatitudine. Essa invece vi lusinga, conducendovi da una delusione all’altra, ingigantisce il vostro ego ed il senso di potere fino a farvi crollare tronfi d’orgoglio! Voi bussate alla porta sbagliata, alla porta dell’inferno, che è sempre aperta, cercate piaceri futili e non il tesoro permanente! Poi mi dite: “Swami, è da 50 anni che pratico intensamente la meditazione, ma non ho ancora raggiunto il livello della concentrazione.” Questa è una confessione di cui vergognarsi. La meditazione è il settimo gradino che conduce all’ottavo che è il samādhi. Finché non avrete una presa sicura sui primi sei gradini, scivolerete all’indietro, nonostante tutti gli anni dedicati alla meditazione.
[4] Il primo gradino è il controllo dei sensi, il secondo è il controllo delle emozioni e degli impulsi, il terzo è l’acquisizione dell’equilibrio e della stabilità, il quarto è la regolazione del respiro e dei soffi vitali, il quinto è prevenire che influenze esterne facciano deviare la mente, il sesto è la concentrazione totale sul proprio progresso e il settimo gradino è la meditazione sulla propria Realtà, che trova il suo compimento nel samādhi. Se non salite questi scalini preliminari, non potrete sperare di saltare direttamente al settimo gradino per poi balzare all’ottavo. Durante il viaggio della vita, riducete il vostro bagaglio. Tenete presente che tutto ciò che non è ‘Voi’ è bagaglio! Voi non siete il corpo, dunque esso è un bagaglio. La mente, i sensi, l’intelligenza, l’immaginazione, i desideri, i progetti, i pregiudizi, l’insoddisfazione, le tribolazioni – ebbene, tutti questi sono bagagli. Scartateli al più presto in modo da rendere il viaggio più agevole, più sicuro e più comodo. Imparate questa lezione osservando i Grandi, che sono umili e semplici e che dovreste ammirare ed imitare; quelle sono persone che vi fanno venire le lacrime agli occhi al momento del loro trapasso, mentre altri vi causano lacrime solo perché attraversano la vostra strada! Questi vanno accuratamente evitati!
[5] Dio rende gli uccelli e le bestie più consci di Lui di quanto non sia l’uomo che ha deviato dalla retta via. Recentemente, a Dharmavaram, un carro trainato da un cavallo, carico di uomini e bagagli, era diretto verso la stazione ferroviaria. Il conducente frustava impietosamente il cavallo sul collo e sul dorso per farlo correre più velocemente. Un uomo anziano con la barba che passava di lì si avvicinò al conducente e gli disse: “Non tenere le redini così strette. Lasciale libere, tienile morbide! In questo modo il cavallo correrà di più.” L’uomo prontamente ribatté: “Cosa dici? Stai zitto! Io conosco il mio cavallo meglio di te.” Allora il conducente udì una voce (era il cavallo che parlava): “Quel vecchio è Krishna; ha guidato i cavalli del cocchio di Arjuna. Egli sa tutto sui cavalli!” Il conducente pensò che la voce fosse di uno dei suoi passeggeri, quindi girandosi indietro rispose: “Può sapere tutto dei cavalli di Arjuna, ma cosa ne sa del mio?” Le Gopī pensavano che un’ape fosse più solidale con il loro dolore per la separazione da Krishna di qualsiasi messaggero umano, perciò chiesero a un’ape d’intercedere presso il Signore in loro favore. Una Gopī chiese all’ape di pregare Krishna d’indossare la ghirlanda di fiori con cui lo adorava. Un’altra desiderava che gli domandasse d’illuminare l’oscurità esistente nel suo cuore. Rādhā disse all’ape di pregare Krishna di trasformare la landa desolata del suo cuore in un giardino verdeggiante, in modo che i Suoi Piedi Divini potessero camminarci sopra, leggeri e soffici.
[6] Offrite a Dio il lago calmo e limpido della vostra mente; anche se la mente è agitata e bizzarra come una scimmia, offritela a Dio in ogni caso, come fece Shankarāchārya. Egli pregò Shiva: “Signore, ho con me proprio la cosa che serve per andare a mendicare. Ho una scimmia molto dispettosa che salta su tutto quello che attrae la sua fantasia! Prendila con Te e, come quei mendicanti che portano con sé una scimmia, Tu sarai il più amato fra i bambini dei villaggi che visiterai!” Donate a Dio la mente, che sia pura o puerile. Siate sinceri nel vostro anelito e nella vostra disciplina spirituale. Un’erudizione formale e un conformismo esteriore sono solo poveri sostituti di una devozione genuina e vera. Shankarāchārya stava camminando lungo le strade di Vārānasi (Benares) quando, in un piccolo eremo, vide un monaco che studiava minuziosamente un libro di grammatica! Quel vecchio monaco gli fece compassione, per cui lo avvisò che quando la sua fine fosse stata prossima, tutta la sua erudizione non l’avrebbe salvato dalla dannazione e tanto meno l’avrebbe condotto all’unione con Dio. Perciò gli disse di adorare Dio e di colmare la mente di pensieri sacri. Questo è il solo modo giusto di vivere la vostra esistenza e non di sprecarla come se fosse una fiera dei sogni!
Prashānti Nilayam, 15.10.1969