[1] La gloria e la maestà del Signore sono immanenti nell’universo, come la fragranza nell’aria, come il calore nel fuoco, come il burro nel latte. Egli è il filo che attraversa e tiene unite tutte le perle. Riconoscerlo come tale, realizzare che Egli è l’origine, il sostegno ed il Summum Bonum, il Sommo Bene di tutta la creazione, questo è lo scopo e l’obiettivo della vita umana, ed è anche l’essenza degli insegnamenti di tutte le Scritture che l’uomo ha ereditato dal passato, in tutte le lingue ed in tutti i climi. Tutte le religioni non sono altro che tentativi di tracciare il percorso verso quel conseguimento. Tutti i codici morali disciplinano la parola, l’azione ed i sentimenti dell’uomo per permettergli di vedere più chiaramente il sentiero e rendere più sicuri i suoi passi. L’India è la terra in cui eminenti saggi ed ardenti ricercatori hanno acquisito e divulgato questa preziosa conoscenza. Oggi, però, dobbiamo deplorare la decadenza di quegli ideali ed il declino del popolo indiano che si è degradato al punto di deridere la grandezza della beatitudine spirituale raggiunta da quei saggi. Ma adesso è giunto il momento di onorare la cultura che ha conferito loro quella visione e quella vittoria; è ora che vi dedichiate nuovamente a compiere il pellegrinaggio verso la Verità e che, nella giungla della molteplicità, riscopriate l’Unità fondamentale, la Realtà. I saggi hanno formulato varie regole, discipline e vie da percorrere per attuare tale arduo viaggio; se le seguirà, l’uomo prenderà coscienza di essere destinato a realizzare la propria Divinità essenziale. Il digiuno e la veglia prescritti per Shivarātrī sono degli esempi di tali discipline intese a distogliere la mente dai sensi ed a volgerla verso il Signore.
[2] Per ogni essere umano di qualsiasi religione o paese, i saggi hanno stabilito cinque atti di sacrificio. Non si tratta di rituali elaborati da accompagnare con la recitazione dei Veda per ottenere uno stato beatifico nell’aldilà o specifici successi nel mondo; queste pratiche sono più semplici e popolari, e tutti le possono compiere senza formalità, anche senza conoscerne l’importanza. Non richiedono qualifiche particolari, chiunque può intraprenderle con successo. Si tratta dei seguenti cinque stadi, indispensabili per il progresso spirituale: il sacrificio per Dio, il sacrificio per propiziare i saggi, gli antenati, gli ospiti e gli animali da compagnia e da lavoro. In sanscrito i loro nomi rispettivamente sono: Daivayajña, Rishiyajña, Pitruyajña, Atithiyajña e Bhūtayajña.
[3] Daivayajña Quando si costruisce una casa, è buona consuetudine riservare una piccola stanza alla preghiera. In ogni casa indù c’è un angolo destinato al culto o un altare davanti al quale i componenti della famiglia, insieme o singolarmente, possono adorare Dio. Di solito un’immagine sacra, una statua o un idolo sono posti a ricordare l’Infinito che essi rappresentano. In questo luogo sacro viene offerto quotidianamente un atto di adorazione e di preghiera, si medita in tranquillità e si recita il nome di Dio per assaporarne la dolcezza. Quest’offerta a Dio purifica i componenti della famiglia e infonde il Divino nella loro coscienza.
[4] Rishiyajña è il termine usato per indicare quelle attività che propiziano i saggi, prevalentemente lo studio e la pratica delle sacre Scritture che costituiscono il tesoro di saggezza, frutto dell’arduo ascetismo praticato dai saggi. I Veda sono i testi più antichi, più sintetici, filosoficamente più profondi, i più pratici ed universali di tutte le Scritture. Ci sono poi il Rāmāyana, il Mahābhārata, il Bhāgavata Purāna ed altri che prendono in esame l’eterna lotta tra il bene ed il male e l’onnipresente grazia di Dio per sostenere il trionfo del bene. Questi testi purificano, consolano, elevano, correggono, convincono e colmano la mente di coraggio e di umiltà. È una vera tragedia che queste vitali sorgenti di forza siano neglette; infatti molte persone leggono libri venefici e licenziosi, degradanti e volgari, che vertono sulla folle condotta di poveri dementi, e non si rendono conto del danno che causano al loro progresso e alla loro salute mentale. Tali libri fanno affogare lentamente l’uomo nella melma del sesso e del peccato e lo riportano a comportamenti animali. Affermare di essere ‘uomini’ è solo metà del lavoro della vita; occorre anche dimostrare, attraverso le azioni, le parole ed i pensieri, che non si è delle bestie. E questa è l’altra metà di quella stessa affermazione, e non si può certo ignorarla. Siate umani, allontanate la bestia, controllate i sensi, le passioni, le emozioni con le redini della discriminazione e del distacco. Ecco quello che i buoni libri insegnano; riferitevi a questi testi per ottenere consiglio ed ispirazione.
[5] Pitruyajña, il terzo sacrificio, è a beneficio dei genitori. Il precetto vedico è: “Contempla la madre come Dio, contempla il padre come Dio”. Questi versi vengono oggi ripetuti fino alla nausea, ma non si vedono segni di riverenza verso i genitori. Una generazione che non rispetta e non assiste i genitori è destinata al disastro. I genitori affrontano grandi difficoltà e si privano di molte comodità affinché i figli frequentino le scuole e gli istituti superiori, ma i figli sono ingrati, li canzonano, li fanno soffrire deridendoli per le loro abitudini e idee, e ignorano i loro consigli. Se chi è l’artefice della vostra forma fisica e mentale viene trattato così indegnamente, come ci si può aspettare che adoriate il Creatore dell’universo, il Dio che provvede per tutti? Onorate i genitori, così che i vostri figli imparino ad onorare voi! Nei Purāna c’è una bella storia a questo proposito. La coppia divina, Shiva e Pārvatī, mise alla prova i due figli, Ganapati e Subrahmanya, promettendo un premio a chi compisse più velocemente un giro completo attorno al mondo e tornasse da loro per primo. Subrahmanya partì velocissimo attraverso monti e valli; Ganapati, invece, fece un giro attorno ai genitori e richiese il premio asserendo che i genitori erano tutto il mondo. La sua affermazione venne accolta ed egli divenne la Divinità che presiede all’acquisizione della conoscenza e che salva gli aspiranti spirituali dagli ostacoli che incontrano sul sentiero. La morale della storia è che i genitori devono essere assistiti ed obbediti. Questo è il vero sacrificio, Pitruyajña. Essi rappresentano la rinuncia, la tradizione, la cultura del passato, i valori permanenti, in contrapposizione alle vanità effimere. Per questo Shiva è chiamato Sāmba-Shiva (Sa-amba-Shiva): ‘amba’ significa ‘madre’, Shiva ‘padre’, e Sa indica Satya (verità), Sarvavyāp (onnipresenza), Sarvajña (onniscienza) e Sākshātkāra (autorealizzazione).
[6] Atithiyajña indica quanto si fa per l’accoglienza e la comodità dell’ospite. A-tithi vuol dire ‘chi viene solo per un giorno’, cioè l’estraneo che arriva alla vostra porta cercando cibo e riparo; offritegli ospitalità come atto di adorazione, trattatelo come se fosse inviato da Dio o come se fosse Dio stesso. Questo è un sacro obbligo prescritto dai Veda. Condividete il cibo con chiunque vi chieda da mangiare mentre state consumando il vostro pasto; soddisfate la sua fame prima della vostra.
[7] L’ultimo dei cinque sacrifici, il Bhūtayajña, consiste nell’accudire e rendere contenti gli animali che lavorano per voi e vi fanno compagnia: buoi, mucche, capre e cavalli che vi aiutano con il loro duro lavoro, nonché cani, gatti ed altri animali che rendono la casa più gioiosa e gradevole. Non dovete far mancare loro il cibo né sovraffaticarli. Se un animale che dipenda da voi per amore e cure dovesse piangere in casa vostra o nella vostra fattoria, ricordatevi che soffrirete amaramente per questo. Amore e riverenza sono le vere fonti del sacrificio. Siano tutte le vostre azioni, parole e pensieri colmi d’amore e riverenza! Allora godrete di pace imperturbabile e gioia.
Prashānti Nilayam, 15.02.1969