I poeti celebrano Sankrânti come donatore di un tiepido sole, di una fresca brezza appena pungente. Gli uccelli lo accolgono con canti gioiosi, la Dea Terra indossa un sari di prati punteggiati di fiori rossi e gialli, gli uomini e gli animali sono lieti del fatto che i loro sforzi siano stati ripagati dal raccolto, cosicché possono programmare qualche settimana di svaghi, distrazioni, recupero e riflessione. È questo un tempo di Beatitudine per l’uomo, Beatitudine sia interiore sia esteriore. Tutto è verde sia nel mondo esteriore sia in quello interiore.
L’illuminazione interiore è più importante
Questo giorno segna una fase nuova nel cammino del sole, il che è detto Uttarâyana perché da oggi l’astro si volge a Nord e, per i prossimi sei mesi, si muove in direzione Nord grado dopo grado. Ecco il significato di uttara (verso nord) e ayana (viaggio). Il sole è l’ispiratore e il vivificatore dell’intelligenza. Bhîshma attese questo per viaggiare al di là della morte con un intelletto illuminato, consapevole della sua identità con il Supremo. Nelle Scritture indiane, la direzione nord è associata con ciò che è benaugurale, per cui questi sei mesi sono considerati particolarmente adatti alla pratica spirituale e ai riti, ma Io devo dirvi di interessarvi più al sole del vostro firmamento interiore che a quello dello spazio esterno. Più che alla luce e all’energia esteriori, voi dovreste interessarvi dell’illuminazione interiore. Qual è la pratica spirituale che dirigerà il sole interiore verso Dio? Dio è nascosto e occluso dalle nuvole dell’egoismo; liberarsene costituisce la sâdhanâ da praticare.
Seguite la pratica spirituale di alleviare l’angoscia degli altri
Apprendete una lezione dall’albero: quando esso è carico di frutti, non sta a testa alta ostentando orgoglio; si abbassa, si piega come se non volesse prendersi alcun merito per il risultato ottenuto e volesse aiutarvi a cogliere i suoi frutti. Imparate una lezione dagli uccelli: essi nutrono quelli che non possono volare lontano, si aiutano e si servono l’un l’altro senza pensare ad alcuna ricompensa. Quanto più disponibile deve essere allora l’uomo con le sue capacità e facoltà superiori? Il servizio è la cura migliore per l’egoismo; quindi, per quanto potete, dedicatevi a esso per alleviare la pena e l’afflizione degli altri. Nel Râmâyana, le scimmie portarono dei massi enormi e li gettarono in mare per costruire un passaggio per Râma e la Sua armata. Anche un piccolo scoiattolo fece la sua parte per quanto poté: si rotolò nella sabbia in riva al mare, corse sulle pietre già gettate e si scrollò energicamente la sabbia di dosso aggiungendo soltanto un pizzico di materiale alla quantità ammucchiata dalle gigantesche scimmie. Râma lo vide e apprezzò la sua devozione, lo raccolse teneramente, lo accarezzò delicatamente sulla schiena e lo benedisse. Quello fu un premio notevole: da allora, la razza degli scoiattoli ha acquisito tre linee sulla schiena che indicano quel segno di gratificazione e grazia. Cercate, per quanto vi è possibile, di alleviare la sofferenza degli altri. Questa è la pratica spirituale migliore per un aspirante. L’uomo cammina su due gambe, l’una della Rettitudine e l’altra di Dio, in questo mondo e nell’altro. Se è del tutto coinvolto in questo mondo, egli sceglie di camminare con una menomazione per tutta la vita, saltando su una sola gamba e ciò è carico di difficoltà. Egli può cadere in qualunque momento e ferirsi. E lo fa! La stessa attenzione, alla bontà in questo mondo e alla devozione per la vita dopo l’abbandono del corpo, è essenziale per un viaggio sereno attraverso la vita. Egli dovrebbe fare attenzione mentre fa un passo con un piede o con l’altro.
Controllate la tendenza a cedere ai sensi
Quando entrate nella regione della realizzazione, dovete avanzare con il piede giusto, con il passo di Brahman: i sensi devono essere già stati conquistati. “Go” significa “sensi” e “go-pî” indica una persona che li ha sottomessi per mezzo dell’affidamento totale a Go-pâla, il padrone dei sensi. Una volta, Krishna disse ad Arjuna che avrebbe potuto entrare nel Vrajamandala, (la regione in cui vivevano le gopî e i gopa) soltanto dopo aver sottomesso le emozioni e gli impulsi e aver controllato la sua inclinazione a seguire i sensi. Un giorno, Nârada approdò sulle sabbie della riva dello Yamunâ nel Vrajamandala e fu sorpreso dal profondo silenzio che vi regnava: l’acqua fluiva senza un mormorio, nessun’onda si frangeva, nessun rametto o foglia o petalo si muoveva per non disturbare la quiete. Perfino gli insetti sembravano esser consapevoli della necessità di rispettare il silenzio e rimanevano fermi con le ali ripiegate. Non c’era un ronzio, un sibilo, uno strido, un gracchio, un tubare, un tonfo, uno schiocco o un frullio. I cespugli sulle rive erano come dipinti su tela. Lì Nârada vide una donna, luminosa come una stella, immersa in meditazione profonda. Egli fu strabiliato dall’alone di splendore che le contornava la sommità del capo e si chiese se mai avrebbe potuto raggiungere nella vita un’esperienza tanto profonda. La sua presenza svegliò la meditante e, quando le si avvicinò, ella gli svelò la sua identità dicendo di essere la Dea Brahmavidyâ (la scienza della consapevolezza della Realtà), la Verità che Jñâna (la Conoscenza spirituale) rivela! La meraviglia di Nârada fu raddoppiata da questa rivelazione, quindi egli chiese: “Che bisogno hai di meditare? Perché questa meditazione profonda che ha zittito tutta la natura intorno a te? Su che cosa mediti?” Ella rispose: “Io anelo alla gioia suprema di contemplare i Piedi di loto di Krishna; io medito su di essi facendo di me stessa una gopî che si è abbandonata a Lui.” Tale è la dolcezza che si può trarre da quella contemplazione, da quella devozione.
L’uomo può afferrare la Divinità soltanto se Essa è in forma umana
Il devoto è soddisfatto della visione parziale; egli assapora lo zucchero granello per granello e non trova gioia nel diventare lo zucchero o fondersi nella montagna dello zucchero stesso. Nessuno può vedere tutta la regione del cielo perché, quando lo esaminate, non trovate nessun cielo; il cielo del devoto è limitato dall’orizzonte. Da ogni punto d’osservazione, l’orizzonte è diverso, ma nessuno può vedere oltre. Limitare il cielo e godere della sua vastità e bellezza: ecco che cosa fa il devoto. Fin quando siete incarnati, potete raffigurarvi soltanto un Divino incarnato. Si racconta che il padre di Umâ, il monarca dell’Himâlaya, abbia pregato Shiva: “Concedimi la visione di una frazione del Tuo Sé Universale! Come posso conoscere l’illimitato tramite l’intelligenza e i sensi limitati?” L’uomo può raffigurarsi Dio solamente come avente una forma umana. Krishna dice nella Gîtâ: “Io sono l’aquila tra gli uccelli, il leone tra le bestie e il banyan tra gli alberi.” Che è come dire che gli uccelli si figurano Dio come un uccello che può volare più in alto di tutti, la cui vista è la più potente, e le cui ali possono resistere il più a lungo possibile.
Daivam mânusha rûpena
Dio si rivela in forma umana.
Questo è l’unico modo in cui la Divinità può essere afferrata dall’uomo. Ovunque, è solo in forma umana che Dio può essere sentito e sperimentato. Di Dio non si può dire che scenda o salga perché Egli è ovunque ed è disponibile affinché diveniate consapevoli di Lui tramite la bellezza, la verità, la bontà, la forza, l’amore o uno qualunque degli attributi divini.
Pregate il sole per avere un’intelligenza brillante
In questo sacro giorno decidete di trascorrere ogni ora in contemplazione della gloria di Dio. Fatelo almeno come un dovere, perché l’elevazione data da questa contemplazione vi incoraggerà inconsciamente a continuare con maggior zelo. Il sole si indirizza verso Dio come racconta la storia mitologica. Il sole è il postino: porta a Dio le vostre lettere, se correttamente indirizzate e affrancate con il francobollo della sincerità, e porta indietro la Sua grazia. Ponete il vostro anelito nella busta della decisione e porgetela ogni giorno al sole. Non scrivete per chiedere una casa o un figlio o dell’oro: chiedete un’intelligenza brillante per comprendere la maestà di Dio; chiedete la costanza nel servirLo e nell’adorarLo.
Prashânti Nilayam, 13 gennaio 1968
(Tradotto da Sanâtana Sârathi, gennaio 2011)