[1] Per dieci giorni la festa di Dasara vi ha colmato di beatitudine gli occhi, le orecchie e la mente e, con il corpo trasformato da questa ricca esperienza, ora fate ritorno a casa; perciò vi dirò qualcosa che vi donerà luce per alleggerire il peso del viaggio della vita. L’uomo ha sempre cercato di conquistare la natura; per questo scopo ha impiegato tutti i suoi talenti fisici, mentali e intellettuali. La natura è costituita dai tre guna o attributi: purezza, passionalità e ottusità, e può essere dominata solo sviluppando la verità, l’amore e la tolleranza. Se l’uomo attinge all’Energia Divina che è in lui, potrà controllare facilmente la natura che è solo la veste del Divino.
[2] Attingere dal Divino in voi è la lezione insegnata dalla Gītā. Se vi raffigurate Arjuna sul carro a due ruote con quattro cavalli bianchi aggiogati e Krishna seduto con le redini in mano mentre risponde alle domande di Arjuna, vedete solo l’immagine esteriore e, in tal caso, avete perso gran parte del significato dell’evento. Arjuna è il Jīva individuale e Krishna è il Divino; quando i due sono in contatto, ne risulta un immenso potere. Potete disporre di enormi quantità di elettricità, ma essa potrà tradursi in funzionalità solo attraverso qualche apparecchiatura o strumento. Allo stesso modo, anche Krishna dovette operare su Arjuna ed agire attraverso di lui per ristabilire il regno del Dharma. ‘Arjuna’ significa ‘candido, puro, incontaminato’, perciò era proprio lo strumento adatto. Anche gli altri quattro fratelli erano irreprensibili e senza macchia, ma Arjuna offrì a Krishna il ‘trono del cuore’ appropriato ove il Signore poté insediarsi. I cinque fratelli Pāndava rappresentano i cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed etere (spazio), e simboleggiano anche i cinque soffi vitali che animano l’uomo. Invece, i cento cugini Kaurava furono distrutti poiché rappresentano la vanagloria, l’esaltazione e l’errato concetto che il fine giustifichi i mezzi. I Pāndava si abbandonarono completamente alla volontà di Dio, quindi poterono attingere al Divino ed ottenere la vittoria. Quando [alla fine della loro storia terrena] abbandonarono tutto e s’incamminarono verso le silenziose vette Himalayane, uno dopo l’altro caddero a terra morti; solo il maggiore dei cinque fratelli fu in grado di raggiungere la dimora degli Dèi, e ciò è molto significativo perché il suo nome era Dharma Rāja, il Re della Rettitudine!
[3] Molti si sentono soddisfatti con la ripetizione dei soliti cliché o modelli, persino nel campo della religione. Provate a chiedere a chiunque: “Dov’è Dio?” e la risposta sarà: “Ovunque!” però tanti cuori non sono colmi di Lui. ‘Ovunque’ non comprende probabilmente il loro cuore ma solo la lingua. “Adorare Dio è la via che conduce alla vittoria”: questo è un altro cliché, perché Dio viene venerato solo nelle immagini e nelle statue, ma non viene riconosciuto in tutti gli esseri viventi, nella bellezza, nell’armonia, nella melodia, nella verità, nella bontà. Vi dirò una cosa per mettervi in guardia contro le ‘facili aspettative’: i rituali di adorazione come l’offerta d’incenso e fiori, la recitazione di lodi e inni e altri riti sono solo modi encomiabili per impiegare il tempo, sono buone attività! Ma se non ripuliscono il cuore, se non ampliano i sentimenti di solidarietà e non approfondiscono la fede nella propria Divinità, non meritano il nome di disciplina spirituale. Tra quelli che si definiscono ‘credenti’, il 99,75% si lamenta: “Io credo in Dio, ma Egli mi rende infelice; quel tale è ateo, eppure lo stesso Dio lo ricopre di soddisfazioni, una dopo l’altra!” Può chiamarsi devozione questa? La devozione deve essere costante, irremovibile qualsiasi cosa accada. Prahlāda aveva quella fede incrollabile: si era arreso completamente al Signore tanto che nessuna tortura aveva potuto distoglierlo da quella sua fedeltà.
[4] Se cominciate a giudicare e a trarre conclusioni in base ai vostri pregiudizi ed alle vostre nozioni, dimostrate solo di avere una fede superficiale, una fede da ‘bel tempo’. Quelli che hanno vero attaccamento a Dio, aspirano a Lui, sono consapevoli di Lui, lo adorano, hanno certi caratteri distintivi con cui possono essere identificati. Pronunciare giudizi è contrario alla natura della dedizione; i veri devoti mostrano, invece, un cuore compassionevole. Se un uomo fa girare il rosario tra le dita, impegnato a guardarsi la punta del naso ma indifferente alla sofferenza che incalza attorno a lui, può al massimo essere definito indolente, nient’altro. Alzatevi, riponete il rosario nella sua custodia e datevi da fare per portare sollievo ove c’è sofferenza! Questo è l’autentico sentiero spirituale! Non perdete i vostri anni in mezzo a figure scolpite nella pietra, immagini e idoli. Imparate a vedere in ogni persona attiva e vitale l’incarnazione dell’energia, della bellezza, della carità: di Dio. Egli è più sottile dell’etere e riempie della Sua Maestà anche l’interstizio più impercettibile. Sappiatelo, e servite le Sue manifestazioni ovunque le incontriate.
[5] Ci sono delle organizzazioni che pretendono d’insegnare la meditazione e tengono lezioni in materia; com’è possibile averne fiducia? Si può addestrare qualcuno a sedere eretto, a tenere certe posture, ma come si può aiutare qualcuno a concentrarsi più intensamente? Amate Dio: allora nessuna distrazione potrà allontanarvi dal pensiero di Lui. Vālmīki era un brigante di strada che terrorizzava i viaggiatori, un assassino impietoso. La sua personalità era dominata da rajas, la passionalità. Quando gli si presentò l’occasione d’incontrare i sette Saggi e di ascoltare i loro consigli, il suo coraggio e la sua tenacia si volsero all’istante verso Dio; egli divenne quindi un asceta fervente e riuscì a stare seduto immobile tanto a lungo che il suo corpo fu completamente ricoperto da un formicaio. Non avete bisogno di affidarvi a qualcun altro per riuscire nella meditazione e nella recitazione di formule sacre, né di attendere l’incontro con qualche saggio per ottenere un mantra da recitare. Pregate Dio dentro di voi e riceverete la guida necessaria. Volgete la mente a Dio, dedicatevi a Lui, e vedrete la vita come una continua corrente di beatitudine. Se tenete in mano un ventaglio e lo agitate rapidamente verso di voi, ne avrete sollievo; analogamente, usate la mente come strumento e volgetela fermamente verso Dio, che vi darà così la beatitudine della liberazione. Rāma è il nome dell’estasi che è insita in ogni cuore; recitate il Suo nome, lasciate che la beatitudine risponda ed emerga. Non fingete, non gonfiatevi d’ipocrisia; siate sinceri, genuini, i veri eredi della cultura indiana! Trascendete l’idolo e l’immagine che sono soltanto elementi da asilo infantile nella scuola della spiritualità; sforzatevi di riconoscere l’Energia Divina, la quale non è gravata dal nome né dalla forma. Innalzatevi nei cieli dell’UNO puro, trascendente, senza attributi!
[6] Non muterò il Mio piano neppure di un soffio a causa di quello che la gente dice di Me: non ho paura di nulla e di nessuno. La Verità non ha paura; è la falsità che trema davanti alla minima ombra. Questo Mio corpo porta il nome di Sathya, Verità, e anche il Principio presente in questo corpo è Verità. La Verità racchiusa nella Verità è apparsa come la Verità delle Verità. Questa Forma è stata assunta per condurre l’umanità dalla menzogna alla Verità. Io mangio come voi, mi muovo come voi, parlo la vostra lingua e mi comporto in modo che mi possiate riconoscere e comprendere, tutto ciò è per il vostro bene, non per il Mio! Vi guido verso il Divino conquistando la vostra fiducia, il vostro amore, la vostra sottomissione, stando tra voi come uno di voi; uno con cui possiate parlare, che possiate vedere, ascoltare, toccare e trattare con reverenza e devozione. Il Mio piano è di trasformarvi in ricercatori della Verità. Io sono presente ovunque, sempre. La Mia volontà deve prevalere su qualsiasi ostacolo; sono consapevole del passato, presente e futuro, dei vostri pensieri più nascosti e dei segreti più gelosamente custoditi. Sono il Residente interiore di ogni essere, sono onnipotente ed onnisciente; tuttavia non manifesto tali poteri in modo capriccioso o solo per farne bella mostra, poiché Io sono d’esempio e d’ispirazione in qualsiasi cosa faccia o eviti di fare. La Mia vita è l’esplicazione del Mio messaggio. Per esempio, avrete notato che non chiamo mai una donna sola in udienza, ma chiamo le donne in gruppi di dieci o quindici. Voglio che lo notiate e che comprendiate che occorre essere molto cauti nel trattare con l’altro sesso; poiché questo corpo è maschile, sebbene Io trascenda i tre guna, voglio insegnare agli uomini ed alle donne come devono disciplinare il loro comportamento sociale e mantenersi al di sopra di ogni sospetto o pettegolezzo.
[7] Sono attivo ed operoso per tutte le ventiquattro ore della giornata. L’ufficio postale mi recapita, ogni giorno, migliaia di lettere e voi me ne consegnate personalmente alcune centinaia; tuttavia non chiedo l’aiuto di nessuno, nemmeno per aprire le buste, perché voi mi scrivete gli intimi dettagli dei vostri problemi personali nella convinzione che solo Io li legga, riponendo così fiducia completa in Me. Ognuno di voi scrive una lettera, e questo vuol dire un enorme pacco ogni giorno, ed Io le devo scorrere tutte. Vi chiederete come faccia! Semplice: non spreco un solo momento, e tutto questo non lo faccio per un vantaggio personale ma soltanto perché sono venuto per voi. Io non cerco mai l’aiuto di altri: offro aiuto, non ne ricevo mai. La Mia mano dona sempre, non prende mai. Da questo potete dedurre che si tratta di un Potere Divino, non certo umano. Alcuni di voi si possono domandare: “Come fa Swami ad organizzare queste funzioni così elaborate? A chi dà l’incarico di svolgere tutto il lavoro necessario?” Io non affido il lavoro a questa o a quella persona, né mi consulto con qualcuno per ricevere idee o suggerimenti. Tutto è svolto dalla Volontà divina che opera attraverso la forza dell’amore. Per esempio, sebbene siate radunati qui a migliaia, domina un silenzio assoluto; che cosa v’induce a mantenere il silenzio? Solo l’amore. In altri posti dove si riuniscono cento persone, ci sono centocinquanta poliziotti per tenerle a bada! Qui invece non c’è bisogno di nessuno per mantenere il silenzio, poiché qui Dio è il Signore e la creazione danza di gioia. Non c’è una terza entità: ci sono solo Purusha e Prakriti, Dio e la natura. Basta uno sguardo con la coda dell’occhio perché le cose procedano e si concludano con successo. L’amore attiva, l’amore realizza!
[8] Colui che elargisce la grazia è qui, ma voi rincorrete altri che sostengono di aver ricevuto da Me questo o quello, o di essere stati benedetti da Me con qualche dono. Se qui avete Kāmadhenu, la mucca dell’abbondanza che soddisfa tutti i desideri e può darvi tutto ciò che vi occorre, perché cercarne un’altra? Se avete qui Kalpatharu, l’albero che esaudisce i desideri e che può darvi tutto ciò che chiedete, perché v’interessate ai frutti di altre piante? Se qui c’è Meru, la montagna d’oro e d’argento, perché elemosinare oro e argento ed umiliarsi davanti ad altri che a loro volta sono solo mendicanti? Se avete Dio, venuto tra voi per sostenervi e proteggervi, perché strisciate davanti ad esseri meschini e volgari? Evitate i luoghi ove costoro pattuiscono omaggi, pagamenti e donazioni per ottenere la grazia e l’iniziazione, per ricevere gli insegnamenti spirituali o l’assegnazione di un mantra. Marciate dritti verso la via vera, non lasciatevi attirare in vicoli secondari da ciarlatani ed imbroglioni. Certe situazioni che accadono a Madras e a Mysore sono da condannare severamente; so che alcuni proclamano: “I devoti sono aumentati oltre misura in quella regione, perciò Baba ha affidato a me la zona e mi ha incaricato d’istruirvi e guidarvi; quindi, ammirate le mie azioni ed adoratemi!” Io non assegno proprio niente in tal modo, non elargisco poteri a nessuno, e quelle misere menti di certo non meritano la Mia grazia! Per Me, che porto il peso dell’intero universo, può una regione o qualche devoto in più essere di troppo? Sono sorpreso dalla stupidità di chi ingoia passivamente simili assurdità e si affolla attorno a tali miserabili impostori che, se si portassero il piattino del questuante per andare a bussare di porta in porta, eviterebbero almeno le conseguenze di una vita d’inganno e di sacrilegio: non date loro retta e non fatevi confondere. Continuate a praticare la disciplina spirituale per la vostra elevazione, progredendo da uno stadio all’altro. Dio stesso sarà il vostro Maestro interiore, così come divenne il Guru di Mīra e di Hemareddi Mallamma.
[9] Non sostenete che questo Nome di Dio sia superiore o più efficace di un altro; asserire che Rāma sia superiore a Shiva, o che Sai Baba sia l’Avatār più completo di tutti, dimostra solo che non avete capito cosa sia la Divinità. Rāma è un nome che combina il rā di Nārāyana e il ma di Namashivāya, i mantra dei Vishnuiti e degli Shivaiti. Perciò Rāma rappresenta gli aspetti di Shiva e di Vishnu. Ed ancora, Rāma contiene il rā di Hara (Shiva) ed il ma di Uma, l’aspetto Shakti di Shiva; quindi Rāma è il nome di Shiva-Shakti! Pertanto, come possono sorgere delle controversie se ogni Nome riafferma l’unità con tutti gli altri Nomi? Alcuni mi pregano: “Swami, tutti i miei parenti vanno in pellegrinaggio a Tirupati; perché non trasformi la loro mente affinché vengano qui da Te?” Che domanda assurda! Che colossale ignoranza della Mia Realtà come pure della multiforme maestà di Dio!
[10] Ripulite la mente dai pensieri cattivi! Vedo che alcuni di voi prima distendono il fazzoletto sul tappeto e poi si siedono, perché pensano che il tappeto su cui si è posata la polvere dei piedi d’innumerevoli devoti sia sporco. Se vi preoccupate tanto che il posto dove vi sedete sia pulito, quanto più attenti dovreste essere a purificare il cuore dove sperate che il Signore prenda posto. Rendete puro il cuore con i detergenti della recitazione del Nome divino e dell’austerità, usando l’acqua dell’amore. I saponi da soli non funzionano, anche l’acqua è essenziale. Svolgete i compiti pertinenti alla condizione in cui vi trovate come se si trattasse di ordini di Dio. Ogni atto che mi dedicate mi raggiunge. Non addoloratevi se non siete in grado di venire a Puttaparti per il darshan; offritemi l’omaggio della vostra venerazione ovunque voi siate: giungerà a Me nello stesso istante in cui verrà offerto. Ricorrete alla recitazione del Nome se la mente è agitata dalla paura, dall’ansia o dal dolore. Per fare una tazza di caffè, non basta tenere l’infuso in una tazza e il latte in un’altra: dovete versare l’uno nell’altro e mescolare bene. Mescolate l’infuso del distacco con il latte della devozione salda, così otterrete la bevanda che più vi soddisfa. Tornate alle vostre case con queste parole racchiuse nel cuore, riflettete su di esse nella solitudine e nel silenzio, così vi sarà facile introdurre alcuni concetti nella pratica giornaliera per ascendere gradualmente alle altezze del conseguimento spirituale.
Prashānti Nilayam, Dasara, 11.10.1970