[1] Io non sono un uomo né Dio né uno spirito etereo; non sono un bramino o uno kshatriya, né un vaishya o uno shūdra. Non posso essere definito Brahmacharya, o capo famiglia, né eremita o monaco. Descrivetemi come Maestro di Verità, come Satyam, Shivam, Sundaram: Verità, Bontà, Bellezza. Anche la vostra realtà è Satyam, Shivam, Sundaram. Senza verità non ci può essere bontà e, senza bontà a cosa vale la bellezza? L’effetto che la verità esercita sulla mente fa scaturire la bontà; la gioia che fluisce dalla bontà è la bellezza vera che gli artisti amano. In realtà, tutte e tre sono uno e sono indivisibili. Sperimentate questa verità: la verità come bontà, e la bontà come bellezza; ciò conferisce la più sublime beatitudine. Non lasciatevi distrarre da quello che è di grado inferiore, non sprecate le vostre energie assoggettandovi allo stupido gioco di vincere e perdere, riunire e disperdere, conquistare fama, fortuna e felicità temporanee. Incamminatevi direttamente lungo la via reale che conduce alla realizzazione del Sé, non smarritevi nei vicoli oscuri della felicità falsa ed artefatta. Questo non significa che dovete abbandonare parenti ed amici e procedere solitari. La comunità in cui vivete è l’arena dove potrete assicurarvi la vittoria, la palestra dove potrete sviluppare l’abilità di vincere. Il viaggio spirituale si snoda attraverso la compassione, la solidarietà, l’aiuto reciproco ed il servizio. Queste qualità sono promosse dalla società e vanno utilizzate a favore della stessa.
[2] Vālmīki descrive Rāvana come l’uomo più potente del suo tempo. La sua capitale era una fortezza inespugnabile, colma di tesori rari. Egli aveva la padronanza dei quattro Veda e delle sei scienze spirituali. Il saggio Vyāsa descrive Duryodhana, il maggiore dei fratelli Kaurava, come insuperabile per l’entità e la forza dei suoi eserciti e delle sue armi, nonché per la sua grande abilità diplomatica. Nonostante ciò, questi due personaggi sono disprezzati da secoli da giovani e vecchi. Per quale ragione? Perché dal livello umano sono discesi a quello animale anziché ascendere a quello divino. Entrambi avevano lo stesso difetto: l’avidità; non conoscevano il segreto dell’accontentarsi, erano tormentati da kāma, il desiderio insaziabile. Dio e il desiderio non possono coesistere. Il santuario interiore dell’uomo può accogliere solo una Divinità, Rāma o kāma, Dio o il desiderio. Se amate una persona, non desidererete dominarla né possedere le sue proprietà, e non proverete invidia se ha successo, né gioia se soffre. L’amore è il più forte antidoto contro la cupidigia. Questa dunque è una disciplina spirituale fondamentale: dare amore e ricevere amore. Avrete sentito parlare del Bhūta-bali, un termine che viene interpretato come rito sacrificale per propiziare gli spiriti. La parola ‘Bali’ significa anche ‘tassa’. Il Bhūta-bali è una tassa che ognuno di voi deve pagare ai bhūta, ovvero ai cinque elementi, per la splendida opportunità di avere ottenuto la nascita umana. Per tutte le parole buone che vi giungono, per tutte le buone azioni da cui traete beneficio, e per tutti i pensieri buoni che diffondono pace nel vostro cuore e luce sulla via che percorrete, ebbene, per tutto ciò dovete pagare una tassa.
[3] L’amore v’induce a considerare la sofferenza altrui anche se, a vostra volta, siete sopraffatti dal dolore. Vi sentite attratti da coloro che hanno le medesime ragioni di affliggersi; in tal modo vi lasciate prendere dal dolore altrui e dimenticate il vostro. Draupadī pianse amaramente davanti a Krishna e lo implorò: “Krishna! Quando una madre perde un figlio che la morte le strappa dal grembo, sprofonda nel dolore. Ashvatthāma ha trucidato a sangue freddo, nel cuore della notte, i miei bambini mentre dormivano tranquillamente! Li ho persi tutti. Come posso essere consolata? In che modo potrò riaverli?” Krishna le rispose: “Sorella! Tu hai coraggiosamente sostenuto l’oltraggio che i perversi Kaurava ti hanno inflitto davanti alla pubblica corte. Affronta anche questo duro colpo con uguale coraggio. Guarda Gāndhārī, la madre dei Kaurava; si è imposta la medesima cecità di cui soffre il marito ed ha perso tutti i cento figli! Neppure uno è rimasto vivo!” Krishna consolò Draupadī presentandole l’immagine della maggiore forza d’animo che un’altra madre aveva dovuto sostenere. Abbiate considerazione per l’angoscia altrui e valutate con quali mezzi potete condividere il loro dolore. Provate compassione per loro, più di quanta ne proviate per le vostre stesse tribolazioni. Questo è il segno di un vero devoto Sai, il quale deve avere compassione, tolleranza e solidarietà. Se non possiede queste qualità, diverrà oggetto di scherno, e a ragione!
[4] La gente domanda beffardamente: “Dov’è Dio? Che aspetto ha? Cosa fa?” Costoro fanno commenti derisori perché quelli che hanno sperimentato la maestà e la gloria di Dio sono molto pochi. Dio è Verità, Bontà e Bellezza, ma solo quelli che ne hanno fatto esperienza possono asserirlo. Anche se avete un vaso pieno di Amrita, il nettare dell’immortalità, finché non ne avrete messo una goccia sulla lingua, come potrete affermarne la fragranza e la dolcezza? Attraverso di voi, devoti Sai, dovrà avere luogo una trasformazione nella mente della gente, perciò la vostra responsabilità è molto grande. Quando la guerra del Mahābhārata era imminente, chi conosceva la malvagità di quell’epoca affermava che solo una massiccia pioggia di frecce avrebbe potuto spegnere le fiamme dell’odio. Ora è l’opposto, solo una massiccia pioggia d’amore può soffocare ed estinguere le fiamme della rabbia, della paura e dell’ansietà che assediano il mondo.
[5] Recentemente, alcuni studiosi vedici mi hanno chiesto: “Swami, tu parli di fiamme di ansietà e di paura, ma avrai apprezzato sicuramente il grande passo avanti che l’uomo ha fatto andando sulla luna!” Ho detto loro che era sbagliato spendere miliardi di dollari e di rubli per simili imprese. Essi sostenevano che sebbene sul capitale investito non ci fosse stato un utile immediato, le sue potenzialità di beneficio erano molto grandi. Allora ho risposto: “È una questione di priorità. Quello che è più importante viene prima. Quando sulla terra molti popoli soffrono di malnutrizione, analfabetismo, con milioni di senzatetto, spendere tempo, capacità e denaro in questi colossali progetti di competizione è pura mancanza di discriminazione. Quando la terra sarà diventata una casa felice per tutti i popoli, si potranno progettare simili imprese.” La terra è l’habitat naturale dell’uomo, perché dunque deve avventurarsi al di fuori dei cinque elementi di cui il suo corpo è composto, per andare in luoghi dove deve portare con sé acqua, ossigeno e tutto l’occorrente per vivere? Quando l’uomo va sulla luna non lascia dietro di sé l’ansia, la falsità e la paura. La luna su cui l’individuo deve avventurarsi è la mente, non il satellite morto ed incapace d’illuminare sé stesso.
[6] Nel Rāmāyana si narra che Rāvana, con grande abilità, avesse preparato una testa di cera simile a quella di Rāma per presentarla a Sītā come la testa decapitata del suo Signore, in modo che Sītā abbandonasse l’idea di vivere di nuovo con Lui e si arrendesse invece alle lusinghe del suo rapitore. La luna è simile all’imitazione inerte della testa di Rāma, mentre il vero Rāma è vibrante ed attivo altrove. Per l’uomo, la vera luna è il firmamento del suo ‘cuore’ dove ruotano la mente e l’intelligenza. Quando si diventa padroni di questa ‘luna’, Shiva illumina la notte che è così trasformata in Shiva-rātrī, la notte di Shiva, altrimenti è shava-rātri, una notte di morte; infatti l’uomo, quando dorme inconsapevole di sé stesso e della propria Divinità, è un cadavere. I saggi dell’India hanno prescritto vari riti, cerimonie, discipline, maniere comportamentali e festività per aiutarci a ripulire le emozioni e a consolidare la fede. Oggi vi parlerò dell’importanza delle regole da loro stabilite per il cibo. Assumete solo cibo semplice e puro, che i saggi definivano sattvico, cioè cibo che non infiamma gli impulsi e le emozioni, non acuisce le passioni, non sconvolge l’equanimità né compromette la salute. Il cibo offerto a Dio è libero da cattive vibrazioni che danneggiano l’individuo in modo sottile. Il cibo offerto agli affamati e poi mangiato possiede le medesime qualità benefiche. Poiché il cibo esercita un impatto sottile sui sentimenti e sui pensieri dell’uomo, dovete essere sempre vigili.
Prashānti Nilayam, 06.03.1970