[1] È una gran fortuna essere nati in Bhârat (India), terra dalla Divina fragranza, da millenni echeggiante di voci che richiamano l’uomo sulla via verso Dio. I santi e i saggi di questa terra hanno insegnato ai popoli d’Occidente e d’Oriente come sollevare il velo dell’ignoranza, che cela Dio all’uomo. Un mezzo per giungere a ciò è l’adorazione d’idoli o immagini, simboli del Divino; mezzo che fu mal interpretato da molti fanatici dalle menti ristrette.
[2] Il significato delle immagini è semplice e facile da capire. Se desiderate bere del latte, vi occorre una tazza; il latte riempie la tazza e ne prende la forma. Se avete il Linga1, come oggetto d’adorazione, lo sentite colmo dello Splendore, della Gloria e della Grazia Divina. Se adorate l’idolo di Krishna, avrete una tazza più adorna, in cui versare la stessa Divina Essenza, che assorbirete per placare la vostra sete. Il credente esalta l’idolo di pietra fino a renderlo una replica di Dio, non riduce Dio a pietra. Esso è semplicemente un contenitore, che serve da stimolo, da base, da promemoria e da dimora, che Dio è invitato ad occupare. L’Infinito non è schiacciato, ridotto in piccolo; ma il piccolo è riconosciuto quale simbolo del Supremo. Dal visibile all’invisibile, dalla goccia all’oceano, dal palese all’occulto; ecco come l’adorazione dell’idolo è d’ausilio all’aspirante.
[3] Nessuno può concepire l’Onnipotente senza raffigurarlo come Potenza, Luce, Misericordia, Sapienza, Energia, Intelli- genza e Purezza: qualità queste che possono entrare nella coscienza solo per mezzo di qualche esperienza concreta, rappresentata dal Cielo, dal Sole, dal Loto, dall’Oceano, dall’onda, ecc. Il Nome è un’immagine vocale, l’Immagine è una base visiva. Il seme contiene l’albero; il Linga contiene l’Universo manifesto ed immanifesto, incluso il Creatore, di cui n’è la Volontà.
[4] Il Nome pronunciato dalla bocca e l’Immagine adorata con la mente non devono degenerare in una routine meccanica; il significato del Nome ed il contenuto della Forma devono ispirare e insieme illuminare la coscienza. Evitate la routine; immergetevi con profonda sincerità nell’atto d’adorazione. È il modo per avere pace e gioia, cui ogni attività umana dovrebbe essere dedicata e diretta. Potete aspettarvi uva, seminando fagioli? Fatelo subito! Conseguire pace e gioia è il più urgente fra tutti i problemi. Se avete fame ora, non consumerete il vostro pasto domani! Mangiate quando avete fame, né prima, né dopo. Struggetevi ora, adorate ora, conseguite ora.
[5] Una volta un re ordinò ad un costruttore di fargli un palazzo, e voleva che i legni impiegati fossero tutti ben diritti e senza nodi. Il costruttore si mise alla ricerca, ma in tutta la regione non riuscì a trovare legname diritto, liscio e senza nodi. Alla fine vide alcuni banani e si rese conto che i loro tronchi potevano soddisfare le esigenze del re. Tagliò così gli alberi e li portò al re, il quale asserì: “Naturalmente il legno è bello e liscio, ma non è abbastanza resistente, non può essere utilizzato per costruire il palazzo”. Non sono le qualità esteriori che contano, ma è la forza interiore che conferisce valore ed importanza. Il cuore deve esser puro. Il ricordo costante della Gloria e della Maestà di Dio, il Residente Interiore, con l’ausilio del Nome aiuta a purificare il cuore. Ecco la vera vitamina B12, che conferisce salute spirituale: non vi occorrono altre medicine.
[6] La vita è un pellegrinaggio, in cui l’uomo trascina pesantemente i piedi sulla strada irta e spinosa. Se ha sulle labbra il Nome di Dio, non soffrirà la sete; se ha nel cuore la Forma di Dio, non sentirà stanchezza. La compagnia dei giusti lo ispirerà a viaggiare nella speranza e nella fede. La sicurezza che Dio è a portata di voce, che gli è sempre vicino, darà forza alle sue membra e coraggio ai suoi occhi. Ricordate che ad ogni passo vi avvicinate a Dio e che per un passo fatto verso di Lui, Egli ne fa dieci verso di voi. Questo pellegrinaggio non ha soste, ma continua giorno e notte, attraverso vallate e deserti, tra lacrime e sorrisi, tra morti e nascite, dalla tomba alla culla. Alla fine del viaggio, raggiunta la Meta, il pellegrino s’accorge che ha viaggiato solo da se stesso a se stesso; che la strada è stata lunga e solitaria, ma il Dio che lo guidava, era sempre in lui, intorno a lui, con lui; e che egli stesso è sempre stato Divino. Lo struggimento di fondersi in Dio non era altro che il mare che anela l’Oceano! L’uomo ama, perché egli stesso è Amore; desidera la melodia e l’armonia, perché egli stesso è Melodia ed Armonia; cerca la gioia, perché è Gioia; è assetato di Dio, perché è formato di Dio e non può esistere senza di Lui.
[7] Dovete riconoscere Dio in tutto ciò che esiste, in ciò che incanta o soffre, fiorisce, o appassisce. È Intelligenza nell’insetto, Fedeltà nel cane, Energia latente nella pietra. Un giorno Vivekananda a Chicago disse che l’Induismo ha tolto l’Upâdhi (involucro corporeo) alla ricerca del nucleo interiore Divino, esistente in tutte le cose, animate ed inanimate. Un signore può indossare un abito da giorno, uno smoking per la sera, un completo elegante per la cena o sportivo per il pranzo; ma egli rimane sempre lo stesso in qualsiasi vestito, non è vero? Conoscendo la strada e la meta, potete accorgervi se progredite o no; come potreste farlo altrimenti? La meta è ampliare la visione, la comprensione e l’amore, nella misura in cui Dio vi ha elargito il Suo Amore, la Sua Compassione e la Sua Grazia. Siate vigili e sforzatevi di assorbire Dio sempre più dentro di voi. Il sangue deve circolare dalla testa ai piedi; l’Amore deve circolare dall’alto verso il basso; solo così salute e felicità possono essere assicurate all’individuo ed alla comunità. Questo mondo è di Dio, tutti gli esseri sono Suoi; Egli li ama tutti, così come la luna inonda tutto con la sua fresca luce.
[8] Non attaccatevi agli oggetti ed ai conseguimenti del mondo. Siate nel mondo, ma non permettete che il mondo sia in voi. Operate in modo disinteressato, soddisfatti di compiere il vostro dovere al meglio delle vostre capacità. Non abbiate desideri da porre davanti a Dio, qualunque cosa faccia di voi ed in qualsiasi modo vi tratti, questo è il dono che più Gli piace farvi. Mettete in pratica le Upanishad che studiate; sono le scoperte fatte da persone “pratiche”, che si sono assunte l’onore di conquistare la calamità alternante di gioia e dolore, raggiungendo perfetta equanimità ed equilibrio. Solo la pratica rende l’uomo perfetto.Ogni vita è come un giorno di cammino lungo il pellegrinaggio; usate appieno i vostri talenti e marciate innanzi, per piantare la vostra tenda ben vicina alla meta, quando scende l’oscurità. Non perdete un solo istante nell’ozio o nella sregolatezza. Vivete nella Presenza di Dio, in timore ed umiltà, in Amore e Servizio.
(Hyderabad, 5 Marzo 1968.)