Discorsi Divini
8 Febbraio 1963 – I frutti della mente
8 Febbraio 1963
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
I frutti della mente
[1] Dikshit vi ha parlato della gloria del Signore, mentre gli altri pandit vi hanno fornito un resoconto dettagliato delle esperienze di uomini ideali che hanno lottato per giungere alla Verità. Tutti devono interessarsi a queste cose, poiché tutti dovrebbero avere un ideale per cui lottare ed una meta da raggiungere, altrimenti la vita si riduce ad uno sterile vagabondare. Per far crescere un alberello, il terreno è essenziale; affinché gli ideali si radichino è fondamentale conoscere le lotte ed i successi ottenuti dai santi e dai saggi. Queste esperienze non sono tutte uguali; infatti ogni aspirante spirituale ha una storia diversa da raccontare, secondo la propria disposizione e l’entusiasmo che possiede; perciò la visione e la gloria sono diverse, sebbene tutte siano divine. La magione della gloria indiana è costruita con stupendi mattoni, ognuno dei quali rappresenta il rigoroso ascetismo praticato dai santi. Nessuno di questi saggi deve essere dimenticato, perché se il suo conseguimento viene ignorato, le mura di quella magione ne saranno indebolite. Prendete ad esempio il caso di Agastya; ne parlo poiché qualcuno ha fatto riferimento a lui nel suo discorso. Egli è ‘nato da un vaso’, ma ricordate che Agastya e Vashishta erano i figli di Mitra e Varuna ed en trambi nacquero dallo stesso vaso! Agastya pose fine alle azioni malvagie di due feroci giganti, Ilvala e Vātāpi, pronunciando solamente tre parole. Inoltre fece chinare la testa all’alta catena montuosa Vindhya, ed è conosciuto col nome di Agastya perché insegnò l’umiltà ai più orgogliosi del Paese.
[2] Si dice anche che Agastya abbia bevuto in un solo sorso tutte le acque dell’oceano. Ciò significa che prosciugò l’oceano del samsāra con le sue ondate di gioia e dolore, successo e fallimento, prosperità ed avversità. Questa impresa eroica è un’allegoria per spiegare che Agastya, nonostante fosse un uomo sposato ed avesse un figlio che recitava i Veda da quando era venuto alla luce, aveva conquistato tutti gli attaccamenti del mondo. Siate attaccati solo all’Ideale: questo è il segno che contraddistingue il saggio! Kabir stava tessendo una veste di seta gialla per il Signore, il suo Rāma. La tesseva a mano, da solo. Mentre recitava Rāma, Rāma, Rāma, continuava a tessere incessantemente. La stoffa era diventata lunga circa venti metri ma Kabir non si fermava, proseguiva senza tregua. La beatitudine nel tessere e la devozione per il Signore erano cibo ed acqua sufficienti per il suo sostentamento. Quando Kabir consegnò il tessuto al prete del tempio per vestire l’idolo di Rāma, la veste era perfetta sia in lunghezza sia in larghezza; non c’era un centimetro di troppo! Questo genere di devoti è la fonte principale della gioia da cui gli uomini spirituali dell’India traggono nutrimento. La casa deve risuonare del nome di Dio, altrimenti non è che una spelonca dove vivono gli animali selvatici. Al corpo serve un rifugio, ma esso stesso è una casa ed anche qui si deve udire il nome del Signore, altrimenti è solamente un vaso d’argilla, non un corpo umano.
[3] Una malattia insidiosa dilaga oggi fra la gente: la miscredenza; essa brucia anche i più piccoli germogli di fede e riduce la vita in cenere. Voi non avete nessun criterio per giudicare, e tuttavia pretendete di farlo. Il dubbio, l’ira, il veleno e la malattia devono essere stroncati sul nascere prima che si sviluppino. Ripetete il Nome di Rāma sia che abbiate fede o no, poiché il Nome da solo infonderà fede e creerà la chiarezza su cui la fede potrà essere costruita. Un pescatore gettò la rete in un lago e rimase a vigilare che i ladri non gli portassero via il bottino. Si sistemò su un albero e, per vederci meglio, tirò via delle foglie e dei rami. Quell’albero era di Bilva, ed era il giorno di Mahāshivarātrī. Sotto quell’albero di Bilva, proprio dov’erano cadute le foglie, c’era uno Shivalingam! Poiché non aveva cibo, l’uomo quella notte digiunò, così acquisì il merito della veglia e del digiuno! Sua moglie lo stava aspettando con ansia nella loro casupola; non appena si accinse a consumare il pasto serale, vide spuntare un cane. La donna pensò che dovesse essere veramente affamato, perciò lo seguì con il piatto e gli diede da mangiare, animata da spirito di carità. Anche la moglie quella notte vegliò. Al mattino l’uomo andò al tempio e pregò di potersi fondere in Dio; la moglie invece pregò che egli fosse salvato per amore di lei, ma il Signore fece fondere entrambi in Lui.
[4] Voi date importanza alla quantità, mentre il Signore considera solo la qualità. Egli non calcola quanto riso dolce gli offrite, ma quante parole dolci pronunciate e quanta dolcezza mettete nei vostri pensieri. Offrite a Dio la foglia fragrante della devozione, i fiori delle emozioni e degli impulsi purificati, liberati dai parassiti della lussuria, della rabbia, ecc. Offritegli i frutti coltivati nel frutteto della vostra mente, aspri o dolci, succosi od asciutti, amari o zuccherini. La vostra casa deve essere immersa nella massima pace. Quando deciderete che il frutteto della vostra mente è Suo, tutti i frutti saranno dolci poiché l’abbandonarsi ed il rifugiarsi in Lui renderà tutti i frutti accettabili per il Signore, e quindi non potranno essere amari. Per quanto riguarda l’offerta dell’acqua, cosa c’è di più puro e prezioso delle vostre lacrime versate non per il dolore, ma per l’estasi di poter servire il Signore e percorrere il sentiero che conduce a Lui! Tutti quelli che aspirano a diventare devoti devono evitare l’attaccamento e l’avversione. Non inorgoglitevi se cantate con una voce melodiosa o se la vostra stanza delle preghiere è finemente decorata. Occorre invece un costante miglioramento nelle abitudini e nel comportamento, altrimenti la disciplina spirituale sarà solo un inutile ed infruttuoso passatempo. Come questo luogo, anche le vostre case, quando vi ritornerete, devono essere immerse nella pace suprema, indisturbate da ogni traccia di odio o malizia, orgoglio od invidia. Non c’è preghiera, ascetismo o voto che possa eguagliare l’efficacia dell’obbedienza, obbedienza all’ordine impartitovi per ottenere la vostra liberazione.
Prashānti Nilayam, 08.02.1963
da DISCORSI 1963 (Sathya Sai Speaks-Vol.III) ed.Mother Sai Publications