Discorsi Divini
7 Ottobre 1962 (Dasara) – L’offerta finale
7 ottobre 1962 (Dasara)
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
L’offerta finale
[1] Oggi Kalluri Virabhadra Shāstri ha parlato del Bhāgavata; non pensiate che non sia pertinente al Vedapurusha Saptaha Jñāna Yajña, in quanto il Bhāgavata contiene l’essenza dei Veda stessi. I Veda parlano, attraverso una successione di inni, della Gloria di Dio identificato con molti nomi: Indra, Varuna, Mitra, ecc. Tutto ciò è culto saturo di devozione a Dio, che i Veda proclamano essere l’Uno ‘sebbene dotato di Nomi diversi’. Il Bhāgavata è l’essenza dei Veda resa facilmente accessibile a tutti, un elemento della letteratura vedica e come tale è parte inscindibile della tradizione vedica. La stessa linfa dei Veda circola anche in questo elemento che rende i Veda magnifici ed affascinanti. Come ai bambini si mostrano delle figure affinché apprendano i nomi delle cose che esse rappresentano, così il Bhāgavata illustra l’Akshara, l’Imperituro, attraverso lo Kshara, il perituro. Non potrete afferrare il sottile se prima non avete sperimentato il grossolano, senza la mediazione del grossolano. Dopo essere ascesi alle altezze di Cit attraverso la materia inerte, dovete riconoscere che anche quella materia è così pregna di Chaitanya4 che la differenza svanisce. Durante la meditazione, l’immagine che percepiamo all’inizio deve essere trasformata in quella della nostra immaginazione purificata, poi anche quella deve essere sublimata nel solo Principio sottile ed astratto. Solo allora la Forma su cui meditiamo potrà essere trascesa e si potrà ottenere la più sublime visione di bellezza, sapienza e potenza universale. Il Bhāgavata aiuta in questa educazione spirituale portando lo studente dai livelli elementari a quelli massimi.
[2] La maggior parte di voi non approfondisce il reale significato delle leggende, storie e descrizioni esposte dalle antiche Scritture. Il loto di Brahmā non è un fiore che cresce nel fango e s’innalza sull’acqua per catturare i raggi del sole e dischiudersi; è invece il loto dai molti petali del cuore, di cui ogni petalo indica la direzione verso cui una particolare tendenza ci attrae. Il Toro che Shiva cavalca non è l’animale che porta quel nome, bensì il simbolo del Dharma che si regge su quattro gambe: Satya, Dharma, Shānti e Prema ovvero Verità, Rettitudine, Pace ed Amore. Gopāla non pascolava il bestiame: Egli proteggeva e nutriva i jīvi (le anime individuali) dette anche ‘go’. Nello studio dei Veda, dovete cercare il significato che soddisfi il cuore e non accontentarvi di quello che compiace la mente. Una frase può anche essere grammaticalmente corretta pur costituendo una vera sciocchezza! Ganapathy Shāstri, ad esempio, nel descrivere la ragione per cui la terra tratta dai formicai è raccomandata per eseguire il terrapieno sacrificale, ha detto che alle formiche si attribuiscono potenti abilità nascoste che vengono messe al servizio degli Dei, poiché una volta mangiarono la corda dell’arco di Vishnu. Quando l’arco scattò per il cedimento della corda, la sua estremità colpì Vishnu sotto il mento ed il colpo gli staccò la testa e la scagliò in cielo. Se pensate che questa storia sia applicabile al Signore Vishnu, conosciuto anche come Nārāyana, vi renderete conto che svilisce la Gloria di Dio. Ma ammettiamo che essa si riferisca all’onnipotente ed onnicomprensivo aspetto del Divino indicato come Nārāyana; come possiamo accettare la spiegazione che delle formiche mordano la corda del Suo arco? La spiegazione addottata è che gli Dei volevano sgonfiare l’orgoglio di Vishnu. Ora, come si può accusare Nārāyana di orgoglio? Come possono gli Dei cospirare ed incaricare le formiche bianche di agire in modo così astuto da decapitare Vishnu? No. La storia ovviamente si riferisce ad una divinità minore, un Devata, uno dei tanti che abitano il paradiso vedico e che si chiamava Vishnu. Non è necessario infangare la magnificenza di Nārāyana identificando il semidio minore di nome Vishnu con il capo di tutti gli Dei. Selezionate il significato che porta elevazione e sarete sempre nel giusto.
[3] Dovete ritrovare la vostra discendenza ed esserne orgogliosi. Con la comparsa dell’illusione di Māyā, dal Paramātma – lo Spirito Supremo, radice di tutto – è derivata la Natura; dalla sostanza di quell’illusione è emerso l’etere (Ākāsha). Dall’etere ha avuto origine il vento (Vāyu), dal vento il fuoco (Agni), dal fuoco l’acqua (Jala) e dall’acqua la Terra (Bhūmi). Dalla combinazione di questi cinque elementi fu prodotto questo tabernacolo del Divino che siete voi. Per raggiungere il Paramātma, che è l’origine di tutto, bisogna risalire tutta la scala. Per il progresso dell’aspirante spirituale, i Veda contengono uno schema preciso che il Bhāgavata elabora in forma di racconti. Non accetto l’idea di chi si professa ateo senza fede in Dio; qual è la radice della fede in voi stessi? Chi siete voi per credere in voi stessi? Credete in voi stessi perché il vostro Sé è Dio, e nel profondo nutrite un’incrollabile fede in Dio. La fede in voi stessi e la fede in Dio sono identiche; quando state in guardia contro un nemico esteriore, attingete la forza dal Dio interiore. Ecco perché dentro di voi c’è un continuo sussurro che invita ad utilizzare quell’energia sul sentiero della carità, della compassione e del servizio.
[4] Ognuno dovrà andarsene via da qui quando avrà esaurito tutte le scorte che ha portato con sé o che si è procurato. Prima di quel momento, cercate di raggiungere l’obiettivo di tutta la fatica del viaggiare, dell’arrivare, del risparmiare e spendere; l’obiettivo è la realizzazione della felicità suprema col concludersi del ciclo delle nascite e delle morti. Da questo preciso momento cambiate per il meglio le vostre abitudini e la vostra condotta. Quello è il metro della vostra sincerità. Abbiate fede e costanza. Le messinscene non mi possono ingannare. Se giungete le mani e piangete, questo non mi indurrà a considerarvi dei veri devoti. Se andate per strade storte fingendo di essere ciò che non siete, il castigo sarà ancor maggiore proprio per correggervi anche di quel tratto della personalità. Domattina, fra le 8 e le 9, avrà luogo l’offerta conclusiva nel fuoco sacro. Quello è il momento più prezioso di ogni Yajña; infatti, l’offerta completa e finale è considerata essere il compimento del rito. Ma dovete tener presente una cosa: Io non sto facendo eseguire il sacrificio; sono bensì Colui che riceve le offerte del sacrificio.
[5] Ho notato che molti di voi si sono dati da fare per procurarsi da Bangalore o da Anantapur, giusto in tempo per la cerimonia di domani, articoli come del legno di sandalo, oro, pietre preziose, ecc. da gettare nel fuoco sacrificale quando avverrà l’oblazione finale. Non permetto a nessuno di farlo. È facile buttare al vento poche Rupie e comprare del materiale dai negozi, venire qua e gettarlo nel fuoco per poi andare in giro dicendo che avete fatto un grosso atto di sacrificio. Vi darò un incarico assai più difficile; non potete cavarvela con qualcosa di così facile. Quando l’offerta finale sarà versata nel fuoco, voglio che tutti vi alziate e con reverenza offriate nello stesso fuoco tutte le cattive qualità che avete, i difetti, le debolezze, le tentazioni e le trasgressioni. Cercatele dentro di voi oggi, dissotterratele dai loro nascondigli, portatele con voi domani, ben impacchettate e, con un ultimo slancio di impegno mentale, gettatele nelle fiamme dell’oblazione finale quando si alzeranno al massimo. Ecco qual è la parte che vi spetta in questo sacrificio, nulla di più, nulla di meno. Questi pandit vi hanno reso un grande servizio; dovete essere loro grati per tutto ciò. Vi hanno offerto una chiara immagine della Gloria e dello Splendore della Madre Veda, Vedamātā, che è la vera forma di Madre India, Bhārata Mātā. Dirò loro solo una cosa: quando hanno dato gioia a Me, l’hanno data anche a voi poiché Io dimoro in ognuno di voi.
Prashānti Nilayam, 07.10.1962
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications