Discorsi Divini
6 ottobre 1962 (Dasara) – Il Bramino
6 ottobre 1962 (Dasara)
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Il Bramino
[1] Forse non ve ne rammentate, ma siete rimasti seduti qui per più di quattro ore. Avete ascoltato la chiara esposizione di Uppuluri Ganapati Shāstri, che conosce le diverse sfumature del significato di ogni singola sillaba dell’intero Veda. Questo è il suo tapas, la sua austerità, ed il suo amore per voi è così grande da tradurre quella vasta cultura in un linguaggio Telugu tanto semplice e dolce che anche un bambino potrebbe comprenderlo, ed inoltre vi ha reso entusiasti di saperne di più. Vi ha aiutato a comprendere ogni dettaglio dei vari riti e mantra utilizzati in questo Jñāna yajña, ed è bene che tutti i presenti conoscano il significato di ciò che sta accadendo qui. Egli ha spiegato come mai la terra presa dalle scuderie reali, dalle soglie dei palazzi reali, dalle stalle degli elefanti reali sia considerata sacra per lo yajña, e perché la terra estratta dai formicai sia preferita a quella di altri luoghi. Ho fatto particolarmente attenzione a fornire materiali genuini e tutto il necessario, e ho detto loro di non accontentarsi di succedanei o cose di seconda scelta, in quanto so bene che anch’essi desiderano cogliere questa opportunità di officiare un rito scrupolosamente corretto. Voglio dimostrare loro ed anche a voi che un rito vedico officiato attenendosi strettamente alla sacra formula vedica garantirà certamente i frutti promessi dallo Spirito Supremo dei Veda.
[2] Remilla Suryaparakasha Shāstri vi ha parlato di Kumarilabatta che precedette Shankarāchārya e ripropose lo studio dei Veda, sconfiggendo gli oppositori dei rituali vedici di quel periodo. Ora stanno sistemando qui un divano a forma di serpente; presto avrà inizio il rito di Tribhuvana Vijaya [Conquista dei tre mondi] che Kalluri Virabhadra Shāstri ed altri hanno deciso di celebrare. Non era Mia intenzione parlare oggi, ma se non lo facessi voi restereste delusi, dunque riempirò questo intervallo. I due studiosi hanno parlato molto bene perché le loro parole traevano autorità nientemeno che dai Veda. Anche il loro fine era lodevole: elevare l’uomo attraverso la divulgazione dell’insegnamento vedico. Quando la mente è così pura ed il cervello tanto dotato, le parole risulteranno dolci e rinvigorenti. È un compito molto duro tuffarsi negli abissi, nei Veda che non hanno inizio né fine, e portare a riva tali perle preziose; non che le perle siano poche, ma quel mare è così profondo! I Veda insegnano all’uomo le lezioni per permettergli di superare i tre guna, le tre qualità fondamentali di ottusità, attività e calma, ovvero il nero, il rosso ed il bianco.
[3] I Veda si avvalgono anche del linguaggio dei simboli e quindi bisogna essere profondi conoscitori del vocabolario vedico e della tecnica per riuscire ad interpretarlo, come sanno fare Ganapati Shāstri e Remilla. Ad esempio, spiegando un mantra hanno detto che tutti gli uomini sono figli di Sūrya, il Dio Sole. Il significato di questa frase è che tutti gli uomini che hanno gli occhi per vedere sono particolarmente benedetti dal Sole, poiché il Sole è la divinità che presiede alla visione esteriore ed interiore. Tuttavia questo mantra non significa che tutti gli esseri umani appartengano alla dinastia solare! Ci sono sette Soli e sette tipi di raggi: ecco perché si consiglia a chi medita sulla Forma del Signore di tenere gli occhi semi chiusi. In questo modo i primi tre raggi cercheranno di penetrare nelle palpebre superiori, gli altri tre in quelle inferiori, ma l’occhio riceverà solo il quarto raggio, il quarto colore. Tali segreti sottili sono nascosti negli inni alle varie divinità. Non è corretto asserire che ogni divinità vedica rappresenti una forza della natura conosciuta all’uomo: il dio della pioggia, il dio del tuono, il dio del sole, la divinità dell’aurora, ecc. La gloria, la magnificenza dell’Unico Dio è individuata e glorificata in numerosi contesti, tutto qui. I mantra possiedono significati assai più profondi.
[4] Si dice sovente che la casta dei bramini, per odio e disprezzo, abbia negato agli altri l’opportunità di studiare i Veda. Se andate a pesca dovete munirvi di canna, amo ed esca per catturare i pesci. Chi desidera conoscere i Veda deve possedere la canna di un vivere dharmico, l’amo del sanscrito vedico e l’esca, cioè il bramino che è riverito dai Veda e che a sua volta li onora. Il bramino si è preparato con una serie di riti purificatori detti samskāra, raffinamento. Questo gli permette e gli dà l’autorità di pronunciare i mantra e di esporli. Non tutti possiedono gli stessi sublimi impulsi ed inclinazioni mentali analoghe. Tutti mi state ascoltando, ma comprendete tutti allo stesso modo quello che dico? Oppure, praticate tutti nella stessa misura quanto Io consiglio? No. Ognuno comprende e pratica in base alle tendenze che hanno messo radici nella sua mente. Gli uomini non sono tutti uniformi. Una persona non è dotata come un’altra. Questa umanità è una folla eterogenea di pellegrini. Alla nascita, un bramino è solo uno shūdra2; la nascita, infatti, non lo autorizza ad intraprendere lo studio di questo Mistero, anche se il ragazzo è figlio di un grande esperto vedico! Solo quando il fanciullo è stato formalmente iniziato attraverso una speciale cerimonia potrà iniziare lo studio delle Sacre Scritture. Ciò che lo rende un bramino è la cerimonia durante la quale rinasce nel sacro mondo dello studio e della responsabilità. Molti bramini non hanno saputo mantenere una certa semplicità ascetica nella loro vita ed un certo livello di cultura. Quando un metallo puro è stato trasformato in una lega, [per recuperarne la purezza] deve essere rimesso nel crogiolo. Ogni qual volta troviamo tali autentici scrigni del sapere vedico come questi pandit, dobbiamo proteggerli e tutelarli. Se la gente fa finta di niente quando persone meschine disorientate dall’astio scagliano pietre contro di loro, questi scrigni si romperanno ed i Veda diventeranno inaccessibili.
[5] Se i bramini sono cacciati nella foresta, anche i Veda li seguiranno, poiché essi sono i depositari dei Veda. Essi studiano l’esatta pronuncia di ogni sillaba e, mediante una tecnica straordinaria di memorizzazione, l’hanno preservata attraverso i secoli, nonostante tutte le calamità che l’India ha dovuto sopportare. Un ragazzo a casa sua stava leggendo ad alta voce la lezione di inglese, ma lo faceva così male che i suoi genitori si presero un bello spavento! La parola che leggeva era MILK (latte). Pronunciava ogni singola lettera e poi leggeva la parola intera gridando: “Emmayelkay milk, emmayelkay milk, emmayelkay milk!” Urlava in fretta e così nervosamente che i suoi genitori pensarono che impaurito stesse chiamando la madre: “Amma yeluka!” – che, in Telugu, significa ‘Mamma, c’è un ratto!’ Una corretta pronuncia è essenziale. Incoraggiate i bramini a dedicare le loro vite al giusto studio delle Scritture; anche voi ne trarrete beneficio, come ne state beneficiando in questi giorni.
[6] La condizione sociale e la relativa regola di condotta si fondano l’una sull’altra, e non esiste classe sociale senza un corrispondente codice di condotta o certe restrizioni da osservare. Questo allo scopo di raggiungere un sistematico allenamento per elevare l’individuo, non per reprimerlo o frodarlo. Se un bambino è ammesso all’asilo o alle scuole elementari invece che alle medie, non potrete certo dire che è stato trattato con disprezzo. Quello, infatti, è il primo passo verso le scuole superiori ed il diploma. Ricordatevi però che il Signore non fa alcuna distinzione fra una classe sociale e l’altra. A Lui interessano le virtù e l’anelito incondizionato. Quando l’elefante Gajendra sollevò la proboscide in segno di resa totale al Signore e lo pregò di soccorrerlo, non era più una bestia; la sua animalità era scomparsa. Un pezzo di carta, per quanto macchiato, è tenuto in cassaforte perché prezioso se porta stampato il marchio della Banca di Stato ed è detto ‘banconota da cento Rupie’. La devozione trasforma l’individuo più infimo nel più raro fra gli uomini.
[7] Ai tempi dell’imperatore Akbar, a Delhi c’era un uomo pio di nome Sena che faceva il massaggiatore alla corte reale. Ogni mattina alle sette l’imperatore lo attendeva per un massaggio di mezz’ora. Un giorno Sena entrò nella sua stanza delle preghiere come al solito e, nell’estasi di una visione della bellezza divina, perse il senso del tempo! Fuori della stanza, sua moglie era nel panico, tuttavia non voleva disturbare la concentrazione del marito. Nel contempo, a corte succedeva che Akbar si stava facendo massaggiare da Sena. L’imperatore lo lodò: “Sena, non sono mai stato così felice in tutti questi giorni; le tue dita sono davvero divine!” Quando la sessione di massaggio stava per concludersi, Akbar vide riflesso il volto del massaggiatore nella coppa d’olio sul tavolino davanti a lui, e fu sorpreso nel realizzare che era il volto di Krishna! Si girò per verificare la faccia del massaggiatore, ma questi non c’era più! Il Signore non valuta la condizione sociale o la casta dell’individuo prima di elargire la Sua Grazia. Egli è somma compassione, e la Sua Grazia si riversa su tutti, come la pioggia o la luce della luna. I Veda stessi proclamano tale verità; quindi abbiate fede in questo e vivete in modo da meritarla.
Prashānti Nilayam, 06.10.1062
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications