Discorsi Divini
4 Ottobre 1962 (Dasara) – Burro e sandalo
4 Ottobre 1962 (Dasara)
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Burro e sandalo
[1] Ogni giorno questi pandit arrivano in questo villaggio nascosto dietro colline e foreste e vi trasmettono l’Essenza della Divinità; vi somministrano un farmaco che riduce la febbre e vi riporta alla salute. Questo torrente di nettare giunge a voi grazie alla vostra buona sorte guadagnata con la bontà e con azioni meritevoli. È certamente interessante ascoltare i loro discorsi su argomenti contenuti nei libri che hanno studiato, ma è molto più interessante ed utile ascoltare cosa hanno sperimentato e praticato sulla base di quanto studiato. Io vi parlerò di cose che essi vi hanno appena detto, ma voi le apprezzerete ugualmente perché cercherò di renderle più semplici per adattarle al vostro livello di comprensione, che Io conosco meglio di loro. Essi non vi conoscono così bene né da così tanto tempo come vi conosco Io. So bene che anche in questa assemblea c’è chi sussurra ai propri amici che l’offerta nel fuoco sacro di pregiato ghī [burro chiarificato] e di costoso legno di sandalo è un vero spreco. Ma se restate attaccati al regno dei conti, dei più e dei meno, come potrete conseguire la gioia di realizzare un desiderio che non si può soddisfare col denaro? Costoro sono interessati al ghī ed al sandalo, non alla gioia assai più preziosa dell’esecuzione di un rito antico. Oltretutto, proprio quelli che criticano hanno mangiato sacchi di riso e consumato una quantità di ghī sin dalla nascita. Voglio domandare loro se hanno trascorso un solo giorno felice o se hanno almeno reso felice qualche parente od amico. Questo rito dona grande gioia a moltissima gente. Per poterlo attuare non ho domandato fondi a nessuno; Io ed i
Miei devoti siamo molto lieti di questa celebrazione! Cosa c’entrano gli altri in questa storia? Sono persone concentrate solo sull’utilità materiale delle cose. Voglio che vi concentriate piuttosto sul significato spirituale. Costoro si struggono per un po’ di ghī e smaniano per un po’ di combustibile; voi, invece, ne ricevete una gioia incalcolabile.
[2] Il rito sacrificale ha un significato più profondo, il significato che posseggono i simboli, che veramente conta per il progresso umano. Ogni rito è un atto simbolico. Ogni passo di uno Yajña è correlato alle aspirazioni ed alle pratiche spirituali umane. Esso è connesso alla vita ed alle aspirazioni umane nei suoi minimi dettagli. Il burro è il prodotto del rimescolamento delle emozioni, impulsi, impressioni ed istinti umani; la più pura ed autentica essenza della divinità presente nell’uomo. Quel burro, quando è ulteriormente chiarificato, diventa ghī; quest’ultimo è ciò che viene offerto agli Dei. Vi domandate come il ghī possa raggiungere le Divinità? Bene, i Veda stessi sono la massima autorità al riguardo. Non potete fare questa domanda a nessun altro; sarebbe folle come chiedere all’occhio di far convalidare ciò che ha visto da qualcuno che non è in relazione con lui. Come può un orecchio dare ad un altro organo l’autorità di provare la genuinità di un suono solo a lui udibile? L’occhio è l’autorità di sé stesso e l’orecchio è il proprio testimone. I Veda che hanno indagato sulla scienza di come propiziare gli Dei asseriscono che il fuoco sacrificale trasmette alle Divinità gli aspetti sottili delle offerte, ed i Veda sono i testimoni di sé stessi.
[3] Indra, il Signore dei numi celesti, è la divinità che presiede alle mani, quindi un rito a Lui dedicato conferisce la condivisione del lavoro umano, la cooperazione collettiva dell’operosità umana per il progresso dell’individuo e della società. Brihaspati, il maestro spirituale dei Semidei, è la Divinità dell’intelletto; un rito associato al suo Nome instaurerà rapporti cordiali e di cooperazione. Analogamente, il Chandra Yajña, sacrificio dedicato alla Luna, tende a sviluppare l’armonia dei cuori. L’Āditya Yajña (sacrificio al Sole) promuoverà la medesima visione comune a tutti, poiché il Sole è la Divinità che preside agli occhi. Ogni rito sacrificale influenza in modo impercettibile le questioni umane, poiché questi mantra sono suoni molto potenti e sono carichi di misteri sottili.
Concentratevi sempre sul frutto imperituro, sull’universale, sullo spirituale. Non rincorrete propositi meschini; utilizzate la mente per seguire il Progetto del Signore di ripristinare il Dharma, la Legge Morale, nel mondo. Cosa mai potreste progettare con la vostra minuscola intelligenza? Un uomo derise Dio per aver dato al gigantesco albero di banyan [Ficus benghalensis] un minutissimo seme e per aver conferito alla semente della zucca un frutto tanto enorme e goffo. “Manca il senso della proporzione!” – commentò l’uomo. Ma un giorno si trovò a dover dormire sotto l’ombra di un albero di banyan e quando si svegliò, dopo circa un’ora, vide che dall’albero gli era caduta addosso una gran quantità di semi. Se il banyan avesse avuto dei semi proporzionati alla sua dimensione, uno solo di essi cadendo da quell’altezza, avrebbe ammazzato quel contestatore in un attimo! Egli quindi ringraziò Dio realizzando il suo misero senso della logica e se ne andò perfettamente incolume. Prendete tutto come viene; coltivate l’inclinazione ad accontentarvi e non moltiplicate le necessità, non alimentate l’avidità e la disperazione. Quando cominciate a sentir caldo, smettete gli indumenti caldi; la giacca del desiderio deve essere tolta quando cresce il calore della devozione. Datevi da fare per assicurarvi la grazia, non per procurarvi dei frutti minori.
[4] Un giorno, per caso, un ladro udì il racconto delle meraviglie di Krishna fanciullo. Si fermò per un momento, ma poi non riuscì più ad andarsene. Ascoltò la descrizione dei gioielli che il bimbo divino indossava e subito nacque in lui il forte desiderio di rubarli. Domandò quindi al narratore dove Krishna fosse solito accudire le mucche da solo o col fratello maggiore o con pochi altri compagni. Quegli rispose frettolosamente: “A Brindavan, sulle rive dello Yamunā.” Il ladro pensava di sorprendere Krishna da solo e di spogliarlo dei Suoi gioielli, perciò s’affrettò verso Brindavan. Il mattino seguente, egli incontrò veramente il fanciullo divino che conduceva la Sua mandria da solo, ma come poteva rubare gli ornamenti a quell’Essere tanto amabile? Temeva che se gli avesse tolto anche un solo gioiello, avrebbe potuto ridurre il Suo splendore, ed il cuore gli impediva di farlo. Continuò ad ammirarlo per ore, rapito nell’estasi, fino a quando Krishna stesso gli domandò cosa volesse, ma il ladro si vergognava troppo di svelare le sue intenzioni. Krishna però le conosceva e gli donò tutti i gioielli che indossava. Il ladro fu sopraffatto allo stesso tempo dalla vergogna e dalla gioia, cadde ai piedi del piccolo Krishna, ma quando si rialzò, Egli era scomparso. Il ladro tornò al suo villaggio, andò dal pandit e gli disse: “Sono questi i gioielli di Krishna che tu esaltavi tanto l’altro giorno? Sono andato a Brindavan e Lui me li ha donati.” Inutile dire che il pandit si gettò ai piedi del ladro. La fede può operare miracoli, può costringere il Signore a manifestarsi ed a darvi ciò che voi credete Egli vi darà.
[5] I preti che hanno officiato il sacrificio ed i pandit mi hanno assillato affinché dessi il Mio consenso alla loro proposta che hanno chiamato ‘La conquista dei tre mondi’. È un segno del loro entusiasmo e della loro fede. Desideravano che dessi loro il darshan nella forma di Sheshashāyi [come Vishnu adagiato sul cobra con le mille teste aperte a ventaglio sopra il Suo capo] utilizzando il divano a forma di serpente portato da un devoto di Bombay. Come i rishi menzionati nel Bhāgavata Purāna, mi sembra che essi intendano presentarmi la triste condizione delle Scritture che studiano e praticano, inclusa la Madre di tutte le Scritture, i Veda. Quando mi prospettarono quest’idea per la prima volta, qualcuno obiettò che essi mi chiedevano di concedere un darshan ‘come’, ‘nelle sembianze di’ Mahā Vishnu1, e non apprezzava l’idea del ‘come’. Anch’Io ho un’obiezione contro ‘l’interpretare una parte’ in una ‘rappresentazione’; ma sono stato così colpito dal fervore della loro richiesta che ho acconsentito. In verità, questo Avatār sta Egli stesso interpretando una parte, sta addossandosi una ‘funzione’ ed assumendo un ‘ruolo’, Egli, che non ha funzione né ruoli. Per quel che concerne il rito, vi darò il darshan della Forma dei Veda (Veda svarūpa) prima che ve ne andiate. Siatene certi.
Prashānti Nilayam, 04.10.1962
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications