Discorsi Divini
4 marzo 1962 (Mahashivaratri) – Immanente in voi
4 marzo 1962
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Immanente in voi
[1] Avete appena ascoltato quattro persone parlare del periodico ‘Sanātana Sārathi’1 e del beneficio che dona ai lettori. Lo so che siete seduti da circa un’ora e che tornerete per le sessioni più lunghe del pomeriggio, che si protrarranno poi per tutta la notte. Non mi rammarico per voi, anzi vi dico che trovo encomiabile la vostra resistenza, poiché tali sacrifici rendono le vostre vite degne d’essere vissute. Definirli una penitenza è segno di una visione errata e d’ignoranza dei valori. In questo momento il Paese è assediato dalla paura per gli effetti congiunti degli otto pianeti che convergeranno sullo stesso asse per un breve periodo di tempo. Per allontanare il pericolo, individui che non hanno mai dato un soldo in carità, stanno spendendo con profusione per sostenere sacrifici e riti per propiziare le energie planetarie. Nulla di male; i soldi devono circolare da un portafoglio ad un altro più bisognoso. Lasciate che il denaro circoli. Incrementate lo spirito di carità, anche quando il panico sarà cessato. Le calamità, i pericoli e la morte non potranno essere evitati per sempre; sono ineluttabili fattori dell’esistenza e dovete imparare a convivere con essi coraggiosamente. Questo spirito può essere raggiunto solo con la preghiera ininterrotta e non con brevi sprazzi di religiosità motivata da timori improvvisi. Purificate i vostri cuori, i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le parole, rafforzate i vostri impulsi più nobili e non ci sarà panico che possa snervarvi; nulla potrà scuotere la vostra stabilità e pace interiore.
[2] Le vostre preghiere saranno ascoltate e soddisfatte. Il Signore non fa distinzione fra grande e piccolo, alto o basso. Nello stato del Bengala viveva un devoto di nome Madhavadasa che, dopo la morte della moglie, realizzò di aver perso anche la casa in quanto la sua dea della casa non c’era più. L’uomo allora distribuì tutte le sue ricchezze ai poveri, indossò una tunica ocra ed incominciò ad errare da solo come un pellegrino fino al tempio di Jagannātha, cioè Krishna Signore dell’universo. Lì s’impegnò in austerità così rigorose che l’immagine concreta divenne presto Realtà Astratta e quella Realtà Astratta divenne una visione costante. Madhavadasa perse il senso del tempo e dello spazio, della coscienza e dell’incoscienza. A quel punto Krishna si manifestò davanti a lui con la sorella Subhadrā, Sua Energia femminile, e gli presentò un piatto d’oro che i preti utilizzavano per offrire il cibo all’idolo di Jagannātha nel Sancta Sanctorum. Quando Madhavadasa si risvegliò alla realtà materiale, vide il piatto d’oro colmo d’ogni delizia; mangiò a sazietà e poi tornò al suo paradiso interiore che aveva lasciato per qualche minuto. Nel frattempo si diffuse la notizia che il piatto d’oro era scomparso, presumibilmente rubato. Lo ritrovarono sulla spiaggia accanto a Madhavadasa, che fu immediatamente arrestato e rinchiuso in prigione da qualche poliziotto molto efficiente. In carcere fu picchiato senza pietà, ma pareva che lui non ci facesse minimamente caso. Il sommo bramino quella notte fece un sogno in cui Jagannātha lo invitava a non offrirgli più cibo nel tempio poiché, disse: “Tu mi porti del cibo e poi, quando lo mangio, incominci a picchiarmi!” Il sacerdote comprese allora che si trattava di un gioco del Signore per dimostrare la devozione di Madhavadasa ed insegnare agli altri la vera natura della devozione.
[3] Alcuni sapienti ed eruditi di Puri non furono contenti di questa improvvisa impennata di notorietà di un forestiero del Bengala; quindi convocarono da loro Madhavadasa e lo sfidarono ad un duello intellettuale. Madhavadasa non era un dotto come loro, infatti aveva appreso le Scritture solo come un sostegno che lo aiutasse a camminare, come guida per l’azione e non come un bastone per battere gli altri. Accettò dunque la sconfitta ancor prima d’iniziare l’incontro e firmò una dichiarazione in tal senso. Naturalmente il sapiente più in vista fu assai felice d’accettarla poiché Madhavadasa godeva di grande fama per la sua vasta cultura. Il dotto s’affrettò a Kāshī con quella prova di vittoria che sventolò davanti ad una assemblea d’eruditi e pretese che gli rendessero omaggio in quanto superiore perfino a Madhavadasa. Ma il Signore non permise che il suo devoto fosse umiliato. Quando la dichiarazione fu aperta e letta, l’assemblea rimase stupefatta nello scoprire che vi si proclamava vincitore Madhavadasa e che il suo sfidante l’aveva firmata riconoscendo la propria sconfitta! Il Signore non resta in silenzio quando un Suo devoto è insultato o ferito. Ricordate però: la parola è ‘devoto’. Chi è un devoto? Come potete rivendicare i privilegi di quella posizione? Se non avete una fede incrollabile, non meritate quell’appellativo; se siete radicati in quel tipo di fede, il successo è vostro, non c’è dubbio al riguardo. Non pensate, tuttavia, che Io sia contrariato od amareggiato a questo proposito. Questa sera, il Lingodbhava2 è un Mio dovere, una Mia responsabilità, o meglio è la Mia Natura che si deve rivelare in questo giorno sacro.
[4] All’inizio di questo incontro, ho donato a Kasturi ed a Tirumalachar degli scialli e li ho benedetti per aver scritto la Mia biografia in inglese ed in Telugu, il cui titolo è ‘Sathyam Shivam Sundaram’ [Verità, Bontà, Bellezza]. Alcuni di voi si saranno chiesti come mai abbia apprezzato la pubblicazione di un libro sulla Mia vita. Bene, Io apprezzo la produzione di ogni genere di cose, perché dunque non avrei dovuto gradire questa? In risposta alle preghiere dei devoti, ho permesso a Kasturi e Tirumalachar di scriverla. «Rāmayati īthi Rāma» – «Colui che dona piacere è Rāma». La gioia dei devoti soddisfa il Signore e la gioia del Signore è la ricompensa del devoto. Il titolo ‘Sathyam, Shivam, Sundaram’ della biografia è ricco di significato. Mi descrive come immanente in ognuno di voi, ricordatelo. Sathyam, la Verità, è la Realtà fondamentale di tutti voi; ecco perché vi risentite se qualcuno vi dà del bugiardo. Il vostro vero Sé è innocente e non accetterà mai un’imputazione di insincerità. Il vostro vero Sé è Shivam, che significa fausto, gioioso, propizio, gaio, e non shavam, un cadavere. Esso è bellezza, beatitudine, eternità; come potete sopportare d’essere chiamati in modo diverso? Il vostro vero Sé è Sundaram, bellezza; ecco perché vi offendete se vi definiscono brutti. Il Sé è stato intrappolato nel corpo e la cosa non gli piace; è gravato dalla vergogna quando lo identificate col corpo e gli attribuite le debolezze ed i difetti di quel veicolo fisico. Il periodico Sanātana Sārathi è il risultato della Mia Volontà, della Mia missione e della Mia beatitudine. Nessun ostacolo può opporsi se prendo una decisione. Quando la Realtà del Paramātma (Sé Universale) assume una forma umana e si manifesta, non con Potere e Forma Supremi ma con il Potere e la Forma di Māyā, è difficile comprenderlo, soprattutto se avete un atteggiamento instabile e irresoluto. Quando avrete compreso il proposito ed il metodo, tutti i dubbi svaniranno.
Prashānti Nilayam, Mahāshivarātrī, 04.03.1962
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications