Discorsi Divini
3 Febbraio 1963 – Rivelatevi a voi stessi
3 Febbraio 1963
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Rivelatevi a voi stessi
[1] L’oratore precedente, Dikshit, ha detto che oggi è un giorno sacro, non solo per i trentacinque ragazzi che sono stati iniziati allo stato di Brahmacharya1, ma per il Sanātana Dharma stesso, la Divina Legge Universale; infatti la cerimonia d’iniziazione che si è svolta qui è un importante passo nel ripristino del codice di condotta prescritto per i quattro gruppi sociali della società indù. Lo studio dei Veda è il tipo di apprendimento più elevato poiché conduce alla conquista della morte. Tutti gli altri studi riguardano la sussistenza o l’ambiente in cui si vive; si occupano delle entrate e delle uscite, come ottenere un po’ di piacere con questo espediente ed evitare un po’ di sofferenza con quell’altro. I Veda invece indicano la via per raggiungere il regno dell’eterna beatitudine, dove non c’è nascita né morte. La gente acquisisce informazioni sulla Cina, la Russia e l’America; conosce i vulcani del Pacifico o le isole delle regioni Artiche, ma ignora completamente le caratteristiche dei suoi regni interiori. Esistono cinque regni nell’uomo, ma egli è consapevole unicamente di quello più esteriore, l’involucro fisico nel quale è ospitato; anche di questo ha solo una certa percezione, non ne ha piena conoscenza. Ci sono strati più profondi di cui non conosce l’esistenza: l’involucro dell’energia vitale, l’involucro mentale, l’involucro dell’intelligenza e l’involucro della beatitudine divina. Chi è consapevole solo del primo, il corpo fisico, può affermare di essere soltanto un’incarnazione del desiderio e non certo di Dio; sarà quindi influenzato dagli impeti della bramosia e sarà poco incline a controllarli o ad elevarsi a virtù più nobili sollecitate dalla Divinità latente in lui. Queste persone potranno ricevere la giusta ispirazione e le istruzioni per esplorare ed utilizzare i reami interiori solo dai Veda e dalle Scritture che espongono le verità vediche.
[2] Il Karma Kānda è la sezione più vasta dei Veda, poiché il Karma (attività sacre prescritte) è il mezzo con cui l’albero fiorisce ed il frutto cresce e matura. La sezione chiamata Upāsana Kānda3 illustra il metodo grazie al quale il frutto matura. Jñāna Kānda4 descrive la Suprema Conoscenza spirituale: il processo con cui il frutto si colma di dolcezza. Il primo stadio è quello in cui ci vuole più tempo, perciò comprende la sezione più estesa; il secondo ed il terzo, in confronto, sono più veloci e quindi anche più brevi. Il terzo livello può essere realizzato anche separatamente dai primi due, tenendo il frutto in un luogo tiepido fra la paglia oppure in una stanza calda. L’uomo può acquisire la dolcezza di Jñāna5 frequentando buone compagnie od anche rimanendo da solo in un luogo solitario ed impegnandosi nella meditazione. In ogni caso, qualunque sia il mezzo, la dolcezza della saggezza non può provenire dall’esterno. Essa deve svilupparsi all’interno; è una trasformazione della natura interiore, conquistata mediante una battaglia contro i nemici interiori.
[3] Riflettete per un attimo: voi siete nel corpo, in questo involucro fisico, per realizzare il Dio che voi realmente siete. Questo corpo è il bozzolo che avete filato attorno a voi stessi per mezzo dei vostri impulsi e desideri. Utilizzatelo finché dura e fate crescere le ali in modo da poter volare via! Siete venuti in questo mondo piangendo, annunciando il vostro dolore per esservi stati cacciati dentro, soffrendo per aver lasciato Dio. Poiché siete venuti con il dolore, fate in modo di andarvene da qui senza: liberatevene in questa stessa vita! Vi è stato detto ora che il Rāmāyana6 trabocca di tormento, ossia che lo stato d’animo dominante di questo poema è la sofferenza. Bene, il primo passo che porta alla preghiera è provare un po’ di dolore. Nel condurvi a Dio, il dispiacere è più potente del timore. Addoloratevi per le opportunità perse, per il tempo sprecato e procedete ogni giorno verso la meta! In mezzo a tutti questi assurdi sentimenti di amore ed odio, all’inutile gioco di possedere ed accumulare, perdere e dolersi, costruire e demolire castelli in aria, non riuscite ad avere un solo momento di vera quiete.
[4] La pace della mente non discenderà su di voi perché la vostra stanza ha l’aria condizionata o il vostro sofà ha morbidi cuscini; non dipenderà neppure dal vostro conto in banca o dalle lauree che avete collezionato. La pace giungerà solo quando negherete al demone che è in voi ogni possibilità di intervenire e quando incoraggerete il Divino presente in voi a manifestarsi. Il demone promuove tutti quei tratti diabolici menzionati nella Gītā. Nell’universo tutto è divino. Tutto è, tutto risplende ed è amabile. È SatCit-Ānanda. È identico all’Assoluto Eterno, Universale: anch’Esso è SatCit-Ānanda. Questo è l’insegnamento spirituale che i ragazzi hanno appre so oggi con il mantra che è stato loro insegnato. Il termine Upanayana [la cerimonia d’iniziazione] significa ‘condurre vicino’, ovvero condurre il ragazzo dal precettore, portarlo dal guru per ottenere l’iniziazione. Il Maestro spirituale che può impartire un insegnamento di questo tipo deve avere trasceso nome e forma, nonché tutte le ambizioni e le conquiste materiali; deve avere sperimentato l’unità in questa molteplicità. Tali uomini non espongono cartelloni per annunciare la propria grandezza e non competono con gli altri per la posizione o il riconoscimento. Questi ragazzi sono particolarmente fortunati. Una fortuna di cui non sono neppure consapevoli li ha condotti qui a questa cerimonia che li trasformerà. In vite precedenti hanno compiuto coscientemente molte azioni meritorie di cui stanno ora inconsapevolmente assaporando i frutti. Il guru non insegna nulla di nuovo: egli vi rivela a voi stessi. Vi allena a ripulire lo specchio del vostro cuore in modo che vi possiate riflettere in esso senza alterazioni o distorsioni. Il discepolo deve ubbidire agli ordini del Maestro pienamente e senza indietreggiare.
[5] Mentre Hanuman stava portando in volo la montagna Sanjivini, dovette prendere una rotta tale per cui i cittadini di Nandigrāma, il villaggio in cui visse Bhārata durante l’esilio di suo fratello Rāma, poterono vederlo in cielo. Vedendo la strana figura di una scimmia che trasportava in volo una montagna, Bhārata lanciò un dardo e fece scendere Hanuman a terra; quando apprese che su quella montagna c’era l’erba medicinale per curare suo fratello Lakshmana ferito in battaglia, Bhārata si offrì di spedirla dove si trovava Rāma lanciando una freccia che l’avrebbe sollevata e trasportata celermente. Hanuman affermò di essere in grado di volare più rapidamente di qualunque freccia lanciata dall’arco del più veloce degli arcieri! Utilizzate anche voi i vostri pieni poteri per afferrare la Verità. Fate affidamento sulle vostre capacità e sulla vostra stessa forza; allora queste si svilupperanno al massimo secondo le vostre necessità. Ciò vi darà un’immensa gioia.
[6] Oggi molti di questi ragazzi si inseriranno, o si sono già inseriti, nella Scuola degli Studi Vedici; si entusiasmeranno a vicenda nei loro studi e nella disciplina spirituale. Se dieci amici si radunano attorno a voi e grida no: “Vieni, vieni, noi stiamo partendo!” – anche voi vorrete associarvi per imbarcarvi felicemente in quell’avventura. Gli insegnanti di questa scuola, che sono uomini di provata esperienza, promuoveranno in voi nobili virtù e vi incoraggeranno ad ogni passo. Io pianto l’alberello nei vostri cuori; essi lo innaffieranno e lo fertilizzeranno. Di tanto in tanto, anch’Io lo irrigherò, soprattutto quando essi non saranno con voi. Affinché il fiore di loto non si secchi, il lago deve essere pieno d’acqua. L’amore puro è l’acqua che deve colmare il cuore; l’odio, al contrario, lo renderà una terra arida e sterile. Abbiate fede nel vostro vero Sé: ecco la medicina! Agite sempre animati dallo spirito di servizio e di fratellanza verso tutti: questo è il regime da seguire!
[7] A tutti voi dico: anche se le montagne crollassero o il mare inondasse la terra, non abbandonate la vostra disciplina spirituale; ma ricordatevi che sarà uno sforzo inutile se contemporaneamente non crescerete in virtù e rettitudine. Se rinuncerete a tutto e vi arrenderete al Signore, Egli vi proteggerà e vi guiderà. Se vi lamenterete dicendo: “Oh, non mi ha protetto!” – Io vi risponderò: “Non ti sei arreso!” Il Signore è venuto proprio con questo compito e dichiara che l’adempierà; invero, è questo l’incarico che lo ha portato qui! Certo, voi parlate di resa, parlate di mettere tutto ai Suoi Piedi, ma poi trattenete tanto. Le vostre menti sono bizzose come scimmie che saltano da un ramo all’altro. Date a Me la vostra mente: la renderò stabile ed inoffensiva. Se dico ‘siedi’, essa si siederà; se dico ‘alzati’, essa si alzerà. Ed è proprio quello che Shankara10 si offrì di fare; disse a Shiva che gli consegnava quella scimmia che era la sua mente in modo che potesse domarla ed utilizzarla a Suo piacimento. La resa della mente, però, deve essere totale, senza riserve.
Prashānti Nilayam, Cerimonia di iniziazione, 03.02.1963
da DISCORSI 1963 (Sathya Sai Speaks-Vol.III) ed.Mother Sai Publications