Discorsi Divini
23 Ottobre 1961 – L’Ātma invoca il Paramātma
23 Ottobre 1961
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
L’Ātma invoca il Paramātma
[1] Non pochi libri promettono di aiutare l’uomo a scoprire sé stesso, e non mancano discorsi che guidino i suoi passi verso la meta. Bhadram è solo uno dei tanti oratori che avete già ascoltato. Avete letto molto e prestato attenzione ad un numero ancor maggiore di conferenze. Il corpo cresce e comincia persino a perdere vigore, ma la mente si fa sempre più complessa e difficile da controllare e la sua inquietudine aumenta; tuttavia, l’uomo non intraprende alcuna disciplina spirituale, e se lo fa è incostante e non progredisce. La sofferenza può essere vinta solo dal desiderio ardente per il Signore. Dovete desiderare fortemente la libertà, dovete sbarazzarvi delle catene che ora vi tengono legati, la catena di ferro della povertà come quella d’oro della ricchezza. Struggetevi come fa un neonato indifeso quando piange perché vuole la mamma, con la disperazione di un vitellino quando muggisce in cerca della mucca, pietosamente come un mendicante affamato che implora un tozzo di pane. Lasciate che il vostro pianto emerga dalla profondità del cuore, un cuore che non sopporta più le catene dell’attaccamento. Il Signore non sarà attirato dallo sfoggio vistoso o dalla vana ostentazione. Egli cederà solo al richiamo dell’affinità, all’appello dell’Ātma per il Paramātma.
[2] Nel villaggio di Thangalur, nello Stato indiano del Tamil, viveva un servo di Dio il cui nome era Adigal. Egli aveva sentito parlare dell’eminenza spirituale del Santo Appar ed aveva sviluppato nei suoi confronti una grande ammirazione. L’uomo fece costruire una locanda cui diede il nome del Santo, chiamò i suoi figli col suo nome in modo che potessero crescere nell’alone della sua gloria e donò terre e case, tutto in nome di quel Santo che non aveva mai visto. Vedete come in questo caso la fede abbia preceduto l’esperienza. Ci sono invece delle persone che prima di consolidare la loro fede hanno bisogno di sperimentare. Il primo sentiero è il più emozionante e durevole. Abbiate fiducia nel medico e nel medicinale, e questo agirà; non aspettate che abbia curato la malattia per sviluppare fiducia nel farmaco e nel medico. Se aspettate di aver imparato a nuotare per entrare in acqua, come potrete vivere l’emozione di una bella nuotata? Immergetevi coraggiosamente ed iniziate a sbattere gambe e braccia qua e là, oppure prendete una zucca vuota o una gomma piena d’aria che vi tenga a galla. Vale a dire: cercatevi un guru che non vi faccia affondare. Un giorno, per caso, Appar in persona arrivò a Thangalur poiché aveva perso la strada e quindi aveva fatto una deviazione. Notò che ovunque in quel villaggio c’erano ospizi e opere di carità che portavano il suo nome, e si domandò come il suo nome avesse potuto precedere la sua presenza. Quando seppe dell’arrivo, Adigal corse incontro al suo guru, lo portò a casa propria e preparò in suo onore una gran festa. Il figlio maggiore di Adigal, recatosi in giardino a tagliare delle foglie di banano per la cena, fu morso da un serpente e morì sul colpo. L’accaduto non turbò minimamente Adigal, che coprì il cadavere con delle foglie secche e continuò le consuetudini dell’ospitalità per il tanto venerato guru. Il Santo, però, insistette affinché tutti i figli del padrone di casa si sedessero intorno a lui durante il pasto, e ordinò al padre: “Vai e chiamali tutti qui.” Adigal fece come gli era stato comandato. Chiamò anche il figlio morto, il quale si alzò e partecipò alla cena con tutti gli altri. Il Santo, venendo a sapere cosa era successo, disse: “La tua fede è più grande del mio potere!” Quando si deve certificare l’abitabilità di una casa, l’ingegnere esamina le fondamenta. Anche il Signore valuta le fondamenta della fede, cioè se sia reale e profonda. Shiruthondar, un devoto di Shiva, fu messo alla prova in modo analogo da Dio stesso che gli si presentò come un asceta. Quando l’uomo dimostrò di non avere più alcun attaccamento per il mondo, Shiva si manifestò e disse: “Adorami come il tuo stesso Sé.” A quel punto l’uomo gli chiese: “Rivelami la Tua Immanenza in tutto il Creato; allora potrò adorare me stesso, perché avrò compreso che sono veramente Te.” Shiva lo benedì e l’uomo iniziò a vedere tutto come luce. Quella visione sancì il termine della sua vita nell’illusione; Shiruthondar s’unì al proprio Sé come la luce si fonde nella luce, senza rumore e senza annuncio. Il suo corpo divenne un raggio di luce che s’alzò versò l’immensità dello spazio.
[3] Voi esigete maggiori esperienze riguardo la Mia Natura Divina e chiedete che la vostra fede ne venga così fortificata. Per conoscere il sapore dell’acqua marina è sufficiente metterne una goccia sulla lingua; non è necessario berla tutta. Sono la vostra incostanza, il vostro egoismo ed il vostro orgoglio che vi fanno dubitare e negare ciò che avete già sperimentato. Non è sufficiente una sola esperienza? Bene, ditemi allora: come può ciò che è limitato sondare la profondità dell’Illimitato? Come può una formica scavare una montagna? È al di là delle vostre possibilità sapere come o perché creo degli oggetti con la mano. Considerate questo: non avete la pazienza necessaria neanche per sopportare i problemi di una singola famiglia, sebbene la responsabilità sia ovviamente vostra. Immaginate allora quale deve essere la Mia pazienza per ascoltare, affrontare e risolvere i problemi di decine di migliaia di famiglie con un Amore che è raro trovare persino nei genitori. No, voi non siete in grado di valutarmi. Non potrete mai afferrare la forza di questo vincolo ultraterreno che vi lega a Me. L’esperienza di quel legame arriverà a voi inconsapevolmente. Il vostro dovere è di attendere quel momento. Credete e siate benedetti. Voi ora state adorando Shiva o Nārāyana, Rāma o Krishna, non è vero? Raccontatemi come avete incominciato. Prima d’iniziare, quale esperienza avete fatto della generosità, dell’imperturbabilità e dell’amore di Rāma o della compassione e dell’amore di Krishna?
[4] Quando questo Potere Divino decise di abbandonare il proprio corpo precedente nel 1918, disse a Kāka Saheb Dikshit che sarebbe rinato dopo otto anni. Abdul Baba fu informato che sarebbe apparso nello Stato di Madras dopo 7 anni. Tre mesi dopo il samādhi [sepoltura], questo Potere apparve davanti ad una casa a Kirkee e fece una dichiarazione in risposta ad una domanda circa il decesso del corpo. “Il corpo è andato, ma Io comparirò di nuovo.” Questo fu ripetuto sei mesi dopo la sepoltura, quando apparve a Dvārakāmāyi con la sua solita ciotola di stagno. Furono avvisati Das Ganu e Mahlaspathi. La dichiarazione fatta a Kāka Saheb era che la divina Manifestazione sarebbe avvenuta otto anni dopo e non ‘come un bambino di otto anni’. Fu registrato così, in modo inesatto, perché Kāka Saheb fece affidamento sulla sua memoria e lo mise per iscritto solo molto più tardi. Il numero 7 si rivelò esatto: infatti questo corpo s’incarnò nel 1926 dopo aver trascorso dieci mesi nel ventre materno, ed anche la dichiarazione inerente agli otto anni fatta a Kāka Saheb risultò vera.
[5] La vostra fede in quanto avete visto e state vedendo non è ancora salda. Voi permettete che le vostre orecchie prestino attenzione a chiunque, e costoro vi inducono a rinnegare l’evidenza dei vostri occhi. Che condizione pietosa è questa! Quando dipingete un’immagine mai vista, avete tutta la libertà di disegnarla in base alla vostra fantasia; ma provate a dipingere l’immagine di un pavone, un uccello che avete visto certamente, e capirete allora che quello è un lavoro molto difficile. Analogamente, voi potete vedermi ma vi è difficile afferrare la Mia Realtà, mentre vi è facile immaginare Rāma o Krishna in questo o quell’aspetto. Ci sono centinaia d’immagini, idoli e dipinti dell’incarnazione precedente che sono disgustose caricature perché la vostra mente non conosce l’immagine corretta. Quando la fede è appena germogliata ed è una tenera pianticella, se qualcuno vi sussurra una storia, il dubbio attacca quel germoglio come un parassita letale, poiché i meschini ed i miseri vedono tutto come meschino e misero; essi apprezzano unicamente ciò che è meschino e misero! Cercate il bene, ciò che è nobile ed edificante, ed intorno a voi vedrete solo cose analoghe. Non fate come il corvo che cerca solo carogne e rifiuti. Se avete fede, il Signore che è il nucleo del vostro essere, si manifesterà; Egli è alla vostra portata, purché stendiate la mano. Non celate i vostri errori ed i vostri vizi dietro il paravento della religiosità. Siate sinceri con voi stessi e siate consapevoli di Lui, che è l’eterno Testimone. Egli vede e conosce tutto.
Prashānti Nilayam, 23.10.1961
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications