Discorsi Divini
18 Luglio 1961 – Illuminate lo strumento interiore
18 Luglio 1961
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Illuminate lo strumento interiore
[1] Guardando questa folla mi viene in mente un raduno analogo che si tenne qui e nei villaggi vicini dodici anni fa, quando fu inaugurata la scuola superiore. Anche allora vi eravate raccolti in questo tempio; da quel giorno ho talvolta attraversato questo villaggio ed ho partecipato ad incontri che si tenevano alla sua periferia. Solo oggi sono tornato qui, nello stesso luogo di un tempo. Ne sono felice, ancor più perché la ragione di quest’evento è connessa al tempio stesso. Dodici anni fa questo era il tempio dello studio, il tempio di Lakshminarasimha. Per favore, non cadete nell’illusione che Dio abbia bisogno di lumi e di illuminazione. Egli si manifesta come Luce Divina, il cui splendore è quello di mille Soli. Egli è la Forza che fa risplendere la luce ed è al di sopra ed oltre lo splendore che la natura può produrre. Se ci pensate bene, non è tanto questa struttura di pietra che ha bisogno di illuminazione; è piuttosto il tempio che portate con voi, il corpo, che deve essere provvisto di luci. Il corpo è detto il tempio, ed in quel tempio dimora il Residente Interiore che è il Dio eterno. La Forza motrice interiore è Dio, e quando dimora nei cuori degli uomini è definita ‘sé individuale’ o jīvi. Esso non è riconosciuto come Dio a causa delle tenebre dell’illusione. Come nell’oscurità confondete un albero con la figura di un uomo, allo stesso modo considerate erroneamente il sé individuale come un individuo separato e mutevole. A causa dell’ignoranza, si attribuisce più importanza alla natura individuale che a quella divina. Le luci quindi devono essere accese nell’antahkarana, lo strumento interiore dell’uomo (mente, coscienza, intelletto, ego), anziché nella casa dove è venerata l’immagine del Signore.
[2] In questo periodo ci sono ansietà ed agitazioni dovute al considerevole aumento delle comodità materiali cui, però, non corrisponde un progresso del carattere, delle virtù e del senso della giustizia. Il mondo materiale è il bastone che aiuta l’uomo a camminare, ma che utilità può avere per un individuo che camminare non può? Quando le gambe non funzionano come dovrebbero, il bastone diventa solo un impiccio in più. Il bastone è come le comodità materiali, ma il bisogno primario è la forza delle gambe e la capacità di camminare, ovvero il carattere e la virtù. Per sviluppare forza nelle membra è essenziale una disciplina spirituale: qualunque forma di disciplina che si addica ai gusti ed alle capacità della persona. Gli uomini lottano per cose evanescenti ed irreali ma rifuggono da qualsiasi sforzo per ottenere ciò che è eterno e reale; ecco la tragedia. Nella relazione letta prima, l’Associazione della Gioventù ha ringraziato molte persone che hanno donato i soldi per le luci! Io penso che invece di mandare i ragazzi a domandare piccole cifre porta a porta, qualunque donatore avrebbe potuto sobbarcarsi l’intera spesa, poiché il tempio è veramente il centro della cultura della città. Ai vecchi tempi, quando un uomo arrivava in un villaggio, la sua prima domanda era: “C’è un tempio qui?” – e si fermava a dormire nel villaggio solo se c’è n’era uno. L’idea, evidentemente, era che il tempio dovesse aver educato le persone ad essere ospiti amorevoli e cittadini civili, ed inoltre che la Divinità del tempio avrebbe protetto gli abitanti ed impedito malattie e calamità. Forse oggi la prima domanda di un forestiero sarebbe: “C’è un albergo?” Oppure: “C’è un cinema qui?” Ricordate quindi che qualunque miglioria apportata al tempio è un investimento per il progresso di tutta la città.
[3] Non abbandonate il tesoro tramandatovi dalle generazioni passate. Lo scorso mese sono stato nell’Uttar Pradesh, vicino alle innevate vette himalayane, e mi sono spinto fino a Badharikshethram. Sebbene quelle montagne siano tanto distanti, sono vicine agli aspiranti spirituali. Se vedete solo la luce del fuoco ma non ne avvertite il tepore, significa che ne siete lontani; questo vale anche per la relazione che avete con Me. In tutti questi anni, voi che siete così vicini avete visto solo la luce senza trarre beneficio dal calore; questo indica che nonostante siate tanto vicini, in realtà siete ancora lontani. Abbiamo attraversato le regioni himalayane e visto migliaia di donne e uomini molto anziani insieme ad altri assai più forti ed in buona salute; abbiamo visto uomini, donne e bambini affrontare con coraggio il rigore del clima, i pericoli del percorso, la fame, il freddo, il costo del viaggio e la distanza, che camminavano faticosamente per avere una fugace visione del Nārāyana installato lassù. Sovente mi domandano dove il Dharma possa trovare rifugio in questa era del ferro. Ebbene, posso rispondere che il Dharma sta prosperando nei cuori di quelle migliaia di persone.
[4] Quando ero ad Ayodhyā, ho osservato e percepito la costante ripetizione del Nome di Rāma da parte di quasi tutta la gente presente in quel luogo. In un sacco di riso si può trovare una manciata di sassolini, ma non bisogna scartare l’intero sacco per quel difetto. I pellegrini ripetevano il Nome di Badhri Nārāyana, e questo conferiva loro un’ulteriore dose di forza e d’ispirazione per andare avanti nel cammino. Sì, lo scoprirete con l’esperienza: se praticherete il Nāmasmarana (la ripetizione del Nome di Dio), esso vi donerà gioia e pace. Il Potere Divino è dentro di voi, non ha bisogno di arrivare a voi da qualche luogo esterno; dovete solo preparare il terreno in modo che si possa manifestare. Eliminate dal campo del vostro cuore le radici della malerba dell’egoismo; questo è sufficiente ma molto difficile, perché basta una breve pioggia per indurre le erbacce a crescere di nuovo. Non appena le circostanze diventano favorevoli, l’egoismo fa spuntare i suoi germogli e diventa fitto come prima. Dovete quindi estirpare anche le sue radici: il che è possibile insistendo nel pensiero: “Non io, ma il Signore.”
[5] In campo spirituale dovete essere sinceri. Non simulate per ingannare voi stessi e gli altri. Un mendicante, tormentato dai morsi della fame, cercava un luogo dove ottenere un pasto. Un’anziana e pia signora lo fece entrare in casa e gli disse di lavarsi per poi partecipare al pranzo. Il mendicante replicò “Ho appena ripetuto il nome di Govinda, che equivale ad un bagno!” Allora la signora rispose: “In tal caso, saziati con questa citazione: «Il nome di Rāma è cibo eterno!» Vattene da qui alla svelta.” Non utilizzate lo studio delle Scritture per accrescere il vostro egoismo. Fate invece che vi renda umili ma allo stesso tempo più resistenti alle tentazioni. La vostra natura è divina; è solo accaduto che l’illusione l’ha ricoperta di sporcizia. Il lavandaio non rende bianchi i vostri capi, poiché essi lo sono già; quello che fa è di rendere manifesto il candore rimuovendo le macchie di sporco che avevano nascosto il colore di base, ossia il bianco. Per far tornare nuovamente bianchi i capi, egli deve possedere due cose: il sapone e l’acqua; non potrebbe farcela solo con una senza l’altra. Nel caso della mente, il sapone è la moralità e l’acqua é la sua messa in pratica.
[6] È l’ignorante che argomenta a gran voce, con aggressività e discute con toni sprezzanti. L’uomo saggio farà una pausa prima di giudicare, valuterà tutti i lati del problema, lo confronterà con la propria esperienza ed esiterà ad accettarlo come a condannarlo. Ascolterà di meno e sperimenterà di più. La condizione degli Indiani è come quella di chi ha in mano del burro e cerca qua e là del ghī (burro chiarificato). In questo Paese trovate le tecniche per conseguire la pace meglio che in qualsiasi altro luogo, tuttavia rincorrete ogni tipo di dilettante! Anche le guide spirituali si riducono alla competizione ed ai conflitti, all’acquisizione di ricchezza e fama, e quindi il patrimonio del passato va perduto perché viene trascurato. Anche se il sapone è di buona qualità, l’acqua della pratica è sporca, pertanto gli abiti non riacquistano il loro genuino candore. Per un capofamiglia, l’obiettivo spirituale della liberazione e la prosperità sono entrambi ugualmente importanti. Per lui, è rischioso dimenticare quell’obiettivo, per cui Lakshmi, la dea della ricchezza, non deve intralciare quel fine o nasconderglielo alla vista. Per un asceta, invece, la ricchezza è un tabù, perché solo l’obiettivo spirituale deve essere perseguito.
[7] Ora che le luci sono state accese, i visitatori di questo tempio potranno vedere meglio l’altare; li benedico affinché possano vedere più chiaramente anche il proprio sé interiore. La luce è la fonte della gioia e del sapere. Non insultatela utilizzandola male, per giocare a carte, sparlare o progettare azioni motivate dall’odio o dall’avidità. Usatela piuttosto per accrescere la vostra devozione, per sviluppare la vostra conoscenza della Gloria di Dio e per servire gli altri, animati da uno spirito di vera fratellanza.
Bukkapatnam, Tempio di Lakshminarasimha, 18.7.1961
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications