[1] Dio è Energia Suprema, mentre l’individuo incarna il potere dell’illusione; solo Dio è reale, l’individuo invece non è che un’ombra, un’apparenza, un’illusione. Io stesso, per venire tra voi, ho dovuto indossare le spoglie dell’illusione, così come il poliziotto deve camuffarsi per entrare nel covo dei ladri per arrestarli ed incriminarli! Il Signore non può discendere mantenendo il Suo potere inalterato; deve incarnarsi con uno splendore ridotto ed un fulgore limitato, in modo da poter diventare oggetto di devozione e di dedito servizio.
[2] In questo mondo impermanente ed in continua trasformazione, l’unica Entità stabile e duratura è l’immanente Potere di Dio. Per realizzare l’eterno ed il reale, l’uomo deve per forza aggrapparsi a tale Entità, a tale sostegno, non c’è altra via d’uscita; è il destino di tutti, indipendentemente dall’età e dalla cultura, dal paese e dalla casta, dal sesso o dalla posizione sociale. Mentre camminate lungo una strada, potete osservare la vostra ombra posarsi sul fango, su una buca o un cumulo di terra, sui rovi o sulla sabbia, su una pozzanghera o sulla terra arida, ma il suo ‘destino’ vi lascerà del tutto indifferenti; anche l’ombra non sarà toccata dalla sporcizia che incontra né si preoccuperà dove andrà a posarsi o cosa attraverserà. Noi sappiamo che l’ombra e le sue esperienze non sono reali né eterne. Allo stesso modo dovete convincervi che voi siete soltanto ombre dell’Assoluto e che sostanzialmente non siete ‘questo voi’, bensì l’Assoluto stesso. Questa è la cura per tutte le sofferenze, le tribolazioni ed i dolori.
[3] Solo dopo una lunga e sistematica sādhanā (disciplina spirituale) riuscirete a vivere questa verità. Fino a quel momento tenderete ad identificarvi col corpo, dimenticando che quel corpo che getta la sua ombra è esso stesso un’ombra. Il primo passo nella pratica spirituale è l’osservanza del dharma, la rettitudine, in ogni azione individuale e sociale. Seguire il dharma inerente alle cose del mondo oggettivo condurrà automaticamente al Dharma in campo spirituale: dovete solo attenervi ad esso fedelmente. Quando Ashvatthāma, accecato dalla furia, massacrò i figli dei Pāndava, Arjuna lo fece prigioniero e minacciò di decapitarlo; tuttavia Draupadī, la madre affranta per la morte di tutti i suoi figli, intervenne e gli salvò la vita. Ella affermò che non rispondeva al dharma vendicarsi restituendo il male ed assassinando il figlio del proprio guru. Per seguire la via del dharma, la determinazione è essenziale. Il vero segno della resa totale è solo questo: “Che la Volontà del Signore prevalga; nostro dovere è unirci alla corrente della Sua Grazia.” Il detenuto in carcere non si può dire proprietario neppure degli indumenti che indossa; analogamente, mentre siete in questa prigione per scontare il vostro periodo di detenzione, che cosa potete definire vostro? È Lui che vi dà cibo e vesti, che vi lascerà andare quando la vostra condanna sarà terminata, o forse anche prima se è soddisfatto del comportamento da voi tenuto in prigione.
[4] Il più grosso ostacolo sul sentiero della resa è l’egoismo ed il senso del possesso. Queste caratteristiche, che sono intrinseche alla vostra personalità sin da ere lontane e che ad ogni esperienza di vita hanno esteso i loro tentacoli sempre più a fondo, possono essere eliminate unicamente utilizzando i detergenti gemelli del discernimento e della rinuncia. La devozione è l’acqua necessaria a rimuovere queste impurità millenarie, mentre il sapone della ripetizione del Nome, della meditazione e della comunione con Dio vi aiuterà a far pulizia più a fondo e più celermente. Chi avanza lentamente, ma con costanza, vincerà sicuramente questa gara; camminare è il mezzo più sicuro per viaggiare, sebbene possa sembrare lento. I mezzi più veloci possono provocare disastri, infatti più veloce è il mezzo, maggiore è il rischio di insuccessi. Mangiate finché avete fame, ma mangiare troppo vi causerà indisposizione. Pertanto, avanzate passo dopo passo nella vostra disciplina spirituale ma, prima di compierne un altro, siate ben sicuri del precedente. Ad ogni passo che fate, state attenti a non retrocedere di due. Tuttavia, se non avete fede, anche il primo passo si rivelerà insicuro: coltivate quindi una fede incrollabile.
[5] Satyabhāma una volta domandò a Krishna: “Perché ti comporti come i comuni mortali? Yudhisthira, il più anziano dei cinque fratelli Pāndava, è il migliore, ma tu t’intrattieni sempre con Arjuna la cui reputazione non è così irreprensibile.” La sua fede non era certamente salda! Cosa ne sa la gente delle ragioni che motivano il Signore e le Sue azioni? Alcuni avevano criticato persino Nārada poiché ripeteva incessantemente il nome di Dio; ma finché non si è raggiunta l’unione con l’Assoluto bisogna avvalersi della ripetizione del Nome divino. L’idea della separazione cesserà solo al momento della fusione, e non prima. Una volta che sarete convinti, non vacillerete e non dubiterete più; cercate piuttosto di comprendere ed essere soddisfatti e non lasciatevi più fuorviare. Quando il sole risplende sulle vostre teste non ci sono ombre; allo stesso modo, se la vostra fede è salda non getterà alcuna ombra di dubbio. Quando l’uomo smarrisce la via e si perde nella giungla identificandosi col corpo, con i guna o con gli oggetti, allora l’Avatār discende per ammonirlo e guidarlo. Fate in modo che la vostra fede in Dio non si affievolisca, così potrete muovervi nel mondo senza timori e nulla potrà farvi del male! Siate come le donne del villaggio che, pur parlando e camminando per i vicoli tortuosi con le brocche in equilibrio sul capo, una sopra l’altra, le mantengono perfettamente bilanciate. Esse non dimenticano il carico o la meta, ma restano vigili e consapevoli dell’arduo impegno per tutto il percorso, fatto di sassi e buche. È la concentrazione interiore che viene in loro aiuto.
[6] Un giorno o l’altro ognuno di noi se ne dovrà andare; quel momento non deve essere un momento di angoscia, bensì dovremmo lasciare questo mondo in modo leggiadro, con un sorriso ed un inchino. Per arrivare a ciò è necessaria un’intensa preparazione. È duro andarsene ed abbandonare tutto quello che si è accumulato durante la vita; quindi preparatevi sin d’ora, abbandonando uno dopo l’altro tutti gli attaccamenti. Nei sogni vedete ed acquisite tante cose: posizione sociale, notorietà, potere, ecc. Quando vi svegliate, però, non piangete per quello che avete perduto, anche se le esperienze fatte nel sogno vi hanno dato soddisfazione e gioia e vi sono apparse reali. “Quello era solo un sogno” – dite a voi stessi. Cosa vi impedisce, dunque, di considerare con simile indifferenza anche i possessi accumulati durante lo stato di veglia? Coltivate tale attitudine: potrete così andarvene con un sorriso quando si chiuderà il sipario su questo illusorio palcoscenico.
[7] Per potervi convincere di tutto ciò, è meglio che vi accostiate ad un guru, un maestro spirituale che ha fatto esperienza della Verità e che la manifesta nei suoi pensieri, parole ed azioni. Il termine guru è composto dalla sillaba ‘gu’ che indica chi ha trasceso i tre guna, cioè le qualità sattviche relative alle virtù, quelle ragiasiche della passionalità e quelle tamasiche dell’ignoranza, e dalla sillaba ‘ru’ che indica chi ha afferrato l’aspetto informale di Dio. Un guru può raggiungere quello stadio solo se ha sublimato le pulsioni inferiori trasformandole in quelle superiori, ignorando il ruolo dei nomi e delle forme. Nelle fasi preliminari della disciplina, i nomi, le forme e le qualità contribuiscono alla formazione dello spirito. Il guru distrugge l’illusione ed è portatore di luce; la sua presenza è rasserenante e consolante. Ecco perché questa giornata di luna piena è dedicata ad onorare il guru; inoltre la luna è la divinità che presiede alla mente, che nel giorno di luna piena diventa tranquilla e serena. Ovviamente dovete rendervi conto di cosa avete perduto per poter cominciare la ricerca e recuperarlo! Il guru deve spesso ricordarvi che avete dimenticato il vostro vero nome e che avete perso la parte più preziosa di voi stessi senza esserne consapevoli. Il guru è il medico che cura e lenisce la sofferenza dovuta all’avvicendarsi delle nascite e delle morti. Egli stesso è un esperto di questa terapia. Se non trovate un guru simile, pregate il Signore di mostrarvi la via ed Egli, senz’altro, arriverà in vostro soccorso.
Prashānti Nilayam, Guru Pūrnimā, 01.08.1956